Care Lady, oggi vi lascio in ottima compagnia!
Eccovi la mia Wonder Erica , che ha condotto questa grandiosa intervista per Noi…D’altronde solo Lei poteva spingersi così in alto.
Curiose? A Lei la parola.
Lo vedi dal vivo ed è ancora più alto di quando viene ritratto in foto. Sembra uscito da un romanzo d’epoca, in realtà è uomo dei nostri tempi, con trascorsi variegati. Cerchiamo di riassumerli: Antonio Mancinelli ha collaborato con diversi giornali, scritto e condotto programmi radiofonici per Radio Tre, fatto un po’ di ospitate in tivù, divertendosi molto. Ma un comunicatore così non poteva solo fare il giornalista. Infatti è anche docente e scrittore. Quando entra in classe dice che il suo compito è quello di suscitare curiosità, quando scrive libri passa disinvoltamente da “Moda!” a “Finalmente Libere”. Altri segni particolari: è capo redattore attualità di Marie Claire Italia, tiene il blog Beato fra le gonne, in passato ha recitato come attore, ama la cioccolata al latte, la scrittura e il cinema, colleziona oggetti e mobili Fornasetti per casa sua “come fosse una droga”.
Dimenticavo… detesta la parola trendy.
E sapete il perché?
Archiviate da poco le sfilate Uomo Autunno/Inverno, viene da pensare: ci attendono veramente “tempi cupi, ai limiti della glaciazione, almeno secondo le firme dello stile d’alto lignaggio?”
Mah, ad ammirare la stratificazione di camicie, pullover, giacche, giacconi, pellicce (vere) e sciarpe, sembra che i designer abbiano ricevuto, a nostra insaputa, un’email da Putin in cui si minaccia di toglierci gas e ogni forma di energia destinata a riscaldarci. Scherzo, naturalmente: però quest’uomo vestito così pesante, non sarà anche pesante come carattere? Un po’ prevedibile, scontato, senza nessuna sorpresa? Forse la giusta (o meno) reazione a questa immagine è quella femminilizzata di Gucci, Saint Laurent, addirittura del maestro Armani. Che hanno fatto giocare i maschi al saccheggio del guardaroba di lei: bluse col fiocco da zitella, pantaloni stretti stretti da pischella, fiorellini stampati da Sora Lella. Ovviamente, non si venderà nulla di tutto questo, ma è importante per montare quello che i fashionisti chiamano “buzz”, e cioè quell’aureola di chiacchiericcio e impalpabile desiderio che si crea intorno a una certa tendenza e, con l’idea di vestirsi “trasgressivo”, finisci per comprarti un paio di boxer in cotonina. Questo è marketing strategy, ragazze. E chi siamo noi per andargli contro? Siamo consumatori responsabili, quindi al “buzzo” preferiamo il “buzzo” buono.
Tu sei più tipo da: ritornare alla 1. serra 2.guerra 3. terra?
Sono decisamente più un tipo da pianoterra, nel senso che mi piace osservare e analizzare le cose per come sono e non per come vorrebbero che fossero o per come pensano che noi potremmo descriverle. Le visuale dal pianoterra è la mia preferita e non corrisponde alla prima fila nelle sfilate: la moda si nutre di sogni, ma poi deve confrontarsi con la realtà. Un po’ come se vivessimo in un appartamento meraviglioso, raffinatissimo e sofisticato, ma a livello della strada. E dalle finestre vedi come la gente – i famosi consumatori – si comporta davvero, si veste, pensa, sogna, si reca al lavoro, esce per divertirsi, va a fare l’amore. È importante vivere nel nostro appartamento ma avere sempre le finestre aperte: da lì esce ed entra il nuovo mondo, la società che cambia, un atteggiamento comune che si trasforma intorno a noi.
Domanda delle domande: perché detesti la parola trendy?
Perchè è una di quelle parole che vengono disutilmente utilizzate da chi pensa di sapere qualcosa di moda – dove in Italia è un po’ come il calcio: siamo tutti allenatori e siamo tutti stilisti – e invece non ne sa nulla. Inoltre rientra in quella categoria di termini “anglitalian” (cosa dire di “posh” e “cool”, allora?) che non ci sono proprio nel vocabolario degli addetti ai lavori inglesi o americani…
Ami la moda, tanto da averle dedicarle un libro “Moda!”, ma non quelli che vanno alle sfilate. Perché?
Non è vero che io non ami il pubblico delle sfilate. Diciamo che mi fa ridere la non ravveduta possibilità che queste persone possano ridere: di se stesse, di una liturgia che a me sembra un po’ superata, dello sbandierare l’invito davanti ai wannabee che lo bramerebbero. Non ne apprezzo la totale mancanza d’ironia e quindi mi ritrovo a sorridere da solo. Dopodiché so benissimo che “nell’ambiente” si mormora che sia io quello snob e che non dà confidenza e quindi tutto questo aumenta l’entropia. Comunque, alle sfilate ci vado e mi concentro sui vestiti. Pregando Dio che non sia tempo sprecato. Ci sono molti défilé che ti aprono la mente e molti che te la mandano in vacanza pur di non sottostare alla visione più spaventosamente orribile: quella della banalità.
Raccontaci il tuo stile
Ho uno stile? Ho molti dubbi in proposito. Diciamo che trovo azzeccata la definizione che ha dato di me un amico: «un dandy pasoliniano». Se dovessi definirmi io, direi che sposo in pieno la causa del “classico perverso”: mi piace essere in giacca e cravatta, ma sempre con qualcosa di sbagliato. Sono abbonato all’errore calcolato, alla stonatura, allo scarto dalla norma. Un’eleganza malata, ecco.
Carta stampata defunta est, vi leggeremo solamente sul web?
Sinceramente: è importante il supporto o non, piuttosto, quello che c’è scritto sopra? Non mi interessa sapere “dove” scriverò, ma “cosa” e “come”. La qualità della scrittura e del pensiero la puoi incidere sulla pietra, vergare sulla pergamena, stampare in tipografia, inserirla in un post “immateriale” fatto di bit.
Quando sono importanti la ricerca e la curiosità?
Sono fondamentali. Soprattutto per chi deve (o dovrebbe) esercitare la nobile arte della critica di moda, essere curiosi del mondo – e quindi sguardicchiare l’ultimo articolo di politica estera come il nuovo taglio di capelli di una rockstar – diventa un elemento fondativo del tuo lavoro. Altrimenti, come giudicare una sfilata? Solo pensando “questo me lo metterei”? Naaaa… Attenzione: anche colleghi importanti danno per scontato il loro lavoro e lo fanno con il pilota automatico… È un peccato: perché invece di andare ai défilé dei grandi brand, bisognerebbe frequentare di più le fashion week dei paesi lontani, o più semplicemente, non trascurare i nomi nuovi di casa nostra. Ce ne sono di ottimi.
Conta ancora la gavetta, nel mestiere del giornalista di moda?
I giornalisti di moda, prima di essere di moda sono giornalisti, e prima ancora, sono osservatori che vogliono andare a fondo, oltre la mera superficie delle cose che vedono. Il punto è che un aspirante cronista di moda dovrebbe serenamente chiedersi: “ho qualcosa da dire, da considerare, da connettere alla cultura oppure sono uno/ una che ama da pazzi i vestiti, le passerelle, le sfilate e tutto quell’apparato lì?” Non c’ è nulla di male nel rendersi conto che si ama la moda ma non si avverte alcun bisogno di scriverci sopra. Però quanti sono così brutalmente onesti con se stessi? Per molti sarebbe raggiungere l’Everest della consapevolezza ma con l’ambizione di fare da capocordata, però. Molto difficile.
All’inizio della carriera, hai mai lavorato gratis? Oggi, non bisognerebbe porre un limite a questa “tendenza”?
No, anche se pagato diecimila lire a pezzo, non ho mai lavorato gratis. Ma tra i miei inizi e oggi ci sono ere geologiche a separarci. Okay, i tempi sono difficili, ma cercherei di disinnescare la dinamica di alcuni giornali online e no che si giocano la carta del “tanto ti piace la scrittura e la moda, che fatica sarà mai postarci un articoletto o mettere per iscritto una didascalia di ventimila battute”? No. Il lavoro intellettuale è lavoro. Anche se nasce da una passione. E non farsi mai incantare dall’altro mantra, meritevole di pregio per quanto è spregevole “così la firma gira e t’invitano alle sfilate e magari a Natale ti arriva un pensierino”.
Se dico: Adriana Mulassano…
È stata la mia maestra. Una persona di rarissima sapienza, competenza e scorrevolezza di prosa che guardavo agli inizi della mia carriera, all’edizione romana del “Corriere della sera”, come un pittore della domenica può guardare a Michelangelo. Adriana sa tutto: da come si taglia un vestito, ai nomi di ogni singolo animale di pelliccia, dall’aneddoto su un sarto dell’800 a me sconosciuto, all’ultimo completo di Lady Gaga, dal dandismo di Marcel Proust, al minimalismo di Raf Simons. È una delle persone più impressionantemente informate che mi abbia rivolto la parola. Quando ci siamo conosciuti, e dopo che un mio articolo era stato scambiato per suo (abbiamo le stesse iniziali!), Adriana si è rivelata anche simpatica, divertente, ironica, umanissima. E senza la benché minima vanità. È una grandissima scrittrice, dovrebbe scrivere un manuale su “Come andare a una sfilata di mezza tacca e vincere il Pulitzer con il resoconto”. Scherzi a parte, la amo di un amore ancora un po’ intimorito. E mi piace così.
Nel tuo libro “Finalmente libere”, 45 (e più) donne raccontano come si sopravvive ai 45 (e più). Già… come si sopravvive?
Se usi lo chic messo da parte negli anni, non ti fai possedere dal mito del giovanilismo a tutti i costi e ti rendi conto che non devi per forza avere la chiappa soda o la tetta resiliente per sedurre qualcuno. Sempre che a 50, 60, 70 anni ti interessi sedurre qualcuno. Non c’è nulla di peggio dell’effetto “dietro liceo davanti museo”, ma non c’è nulla di meglio del sentirsi dire “Che cinquantenne fantastica!” (n.b. Questo vale anche per gli uomini che si tingono i capelli e vanno in giro con i pinocchietti e le infradito d’estate o il giubbottino in pelle d’inverno: di una malinconia indicibile). Quindi si vive, non si sopravvive: è indispensabile però spararsi quantità massicce di autoironia e andare, serenamente, incontro a una stagione della vita dove c’è ancora molto da scoprire e molto da divertirsi. Senza farsi mai possedere dai moralismi.
Avevi curato per Marie Claire di qualche anno fa, un pezzo sulla nuova generazione delle old ladies (and gentleman) che si vestono con creatività, fotografate da Ari Seth Cohen (dvancedstyle.blogspot.it) . “Ma quanto sono avanti?”
La “nuova” generazione delle “old” ladies non è un attentato alla semantica, come potrebbe sembrare a un primo sguardo disattento e neghittoso. Esiste davvero un’inedita coscienza di sapere ciò che si è e di quanto si vale che è direttamente proporzionale all’anagrafe. Che un blogger furbetto come Ari Seth Cohen ci abbia pure lucrato sopra, facendone anche un patinato libro, non depone a sfavore di una libertà dell’apparenza che arriva alla stravaganza, approda alla follia, all’estremismo estetico. Ma non tracima nel ridicolo. Vi sembra complesso? Le vecchie volpi colorate ci riescono e a 70 anni voglio diventare anch’io così: anarchico e pazzamente elegante. Senza che qualcuno, vedendomi, chiami il 118.
Ricordando Anna Piaggi. Com’è riuscita a mantenersi un personaggio strabiliante, culturalmente appagante, anarchica, disubbidiente, nella moda, senza diventare una “fashion icon”, rimanendo sempre se stessa, fino alla fine?
Non ho mai conosciuto una persona così mentalmente connessa a tutto quello che succede nel mondo come Anna Piaggi, con l’eccezione – forse – di Karl Lagerfeld. Non si riesce a “mantenere” uno spirito così lieve e profondo se non c’è una solida base di cultura, competenza, economia di una conoscenza della storia della moda, dell’arte, di ogni espressione creativa. Mi piace ricordare Anna in versione artatamente grafica: considerava il suo corpo come una di quelle lavagne calamitate su cui depositava capi di provenienze tra le più disparate e incongrue che però, messe insieme, diventavano un tutt’uno con l’idea che lei aveva di se stessa.
Terminiamo con un salto agli inizi del 2000: la collaborazione con DONNA, diretto da Daria Bignardi. Non pensi sia stato un fashion magazine atipico per quegli anni, all’avanguardia e poco capito?
L’esperimento di “Donna” è stato epico, secondo me. Purtroppo, per la ristretta mentalità nostrana, coniugare un fashion magazine con un pezzo sulla Madonna – la Vergine Maria, non la cantante – era considerato trasgressivo. Da caporedattore attualità, ricordo con molto piacere quegli anni in cui scrivevamo articoli lunghissimi, interviste assolutamente fuori registro (tra cui quella che considero la più bella della mia vita, quella con McQueen), rubriche al limite dell’irritazione, lunghi ritratti di personaggi che non ti aspetteresti di vedere su un giornale. Ho detto “giornale”, non “giornale femminile”. Poteva essere davvero il “The Face” o l’ “Interview” italiano. Mi spiace solo aver perso i contatti con Daria, che non credo vorrà più ripetere un’esperienza da direttore, e secondo me sbaglia. Le darò una notizia: noi eravamo capitissimi dal pubblico, molto meno dall’allora amministratore delegato della casa editrice. Credo che a far chiudere “Donna” siano stati gli errori di alcuni signori che si occupano di finanza, non del grande pubblico di lettori e lettrici che ci seguiva con fedeltà totale.
Se non lo state ancora leggendo lo trovate qui
I love this post! Thanks for sharing!
Melanie @ meandmr.com
bellissima questa intervista, complimenti a Erika 😉
un bacione tesoro
http://www.thefashionprincess.it/
Grazie!
Molto bella questa intervista e la selezione di foto!!
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Grazie!
Molto interessante questa intervista!
Un bacio
Martina
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Grazie Martina!
Che bell’intervista! nella prima foto ricorda un po’ Oscar Wilde.. 😉
baci
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Vero, pare anche a me!
Ciao tesoro!
Personaggio molto interessante, molto bella anche l’intervista.
Buona giornata,
Maggie D.
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Grazie Margareth
Bellissima intervista! Ciao
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Tesoro complimenti per l’intervista e poi lui è una personalità di tutto rispetto, a me piace molto, ha carattere e testa oltre che passione in ciò che fa!
Un bacione grande
Carolina
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Concordo in tutto, Carolina 🙂
Intervista molto interessante eclui sembra estremamente affascinante 🙂
Bacio
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Confermo: decisamente interessante
Complimenti un bellissima intervista. Interessanti anche le risposte! Baci Elisabetta
Grazie Elisabetta!
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bellissima intervista. complimenti per il post. buona giornata ciao gloria
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Grazie GLoria!
Bellissima intervista e poi super interessante!!! Bel post !
Ciao tesoro un bacio
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mi è piaciuta molto questa intervista! Lui proprio un bel tipo perdindirindina!!!
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Eh sì, lui è proprio un bel tipo!
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I also wanted to let you know that I relaunched my blog yesterday, I’d love to know what you think!
Raindrops of Sapphire
Personaggio che sa il fatto suo, “trendy” anche se forse nn gli piacerebbe essere descritto così
Ahahah penso proprio di no 🙂
Che bella questa intervista!
Alessia
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bellissima intervista…molto interessante!
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Bella l’intervista e anche la selezione delle foto! un bacione
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Magnífica entrevista!!!
Un beso Elisa
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io lo adorooooooooooo!!!
E niente, lo adoriamo anche noi, Mk!