Star Wars: Il Risveglio della Forza e l’annientamento del potere decisionale

Star Wars: Il Risveglio della Forza. E anche se ti intendi di film fantascientifici come di pentole antiaderenti, al cinema ci vai. Eccome se ci vai. Anche se non hai mai capito chi sia il cattivo, se lo sia per davvero o perché mai ci vogliano due trilogie per raccontare una storia, la terza non te la fai certo scappare. Che poi, vorrei proprio sapere se c’è qualcuno in grado di fare ordine in mezzo a tutti questi capitoli, dato che fabula e intreccio non coincidono.

Ma che importa! Non si parla d’altro che di Star Wars. E pensare che per il cinefilo del caso, è stata molto dura, eh sì, gli spoiler hanno cercato in tutti i modi di rovinargli la festa. Un problema così serio e tremendo da convincere “chissachi” a mettere a punto un’applicazione “ammazza-spoilerate” su google. Quanto può essere perfido e oscuro l’uomo eh?Per fortuna il bene,alla fine vince sempre. E dire che ci ho provato a leggere la trama del settimo film, quello che da ieri occupa le sale italiane, ma niente, non ce l’ho fatta a terminare il secondo periodo. Frasi piene di nomi, rimandi,droidi (?), sigle e altre diavolerie, insomma, un casino pazzesco.

Star Wars: Il Risveglio della Forza è l’esempio più lampante dell’annientamento del potere decisionale della massa. Così, non solo andremo allegramente a vederlo senza sapere (nella maggior parte dei casi) chi è cosa e perché, ma ci riempiremo le taschine di gadget, uniformi, lampade, cuscini, tazze e lavatrici a tema galattico. E se radio, tivù, internet, mamma e papà non erano sufficienti, ci si è messo pure facebook a farci sentire parte della cricca jeek affezionata dandoci l’opportunità di customizzare il nostro profilo o mettendoci a disposizione una serie di simpaticissime emoticons. Questo è il potere. Quello vero, dell’impero, ma finchè ci fa divertire va bene no?

Prima di lasciarvi alle immagini vi saluto con un piccolo estratto colto da  “Viaggio in America” di Oriana Fallaci, a mio avviso, alquanto calzante. Siamo alla fine degli anni Cinquanta.

Los Angeles, settembre

D’un tratto e senza neanche domandarci il permesso la hostess del mio aereo diretto a Los Angeles si mette a spegnere le luci, abbassar le tendine di tutti gli oblò:io mi trovo al buio col libro che stavo leggendo. Meccanicamente rialzo la tendina, cerco una lama di sole: con un guizzo di gatto la hostess si getta sulla tendina, mi ruba la lama di sole, mi affronta come se avessi picchiato un bambino.

<< Ma che fa?!Che le prende?!>>

<<Io nulla, io leggo>>.

<<Legge?!>>

<<Sì. Leggo.>>>>

<<Qui non si legge.>> 

<<Come qui non si legge?>>

<<No. Si guarda il film.>>

<<Il film?Che film?>>

<<Il film. Un bel film a colori. Con Sofia Loren e George Peppard. >>

<<Io non voglio guardare il film, voglio leggere>> dico. E accendo una lampadina che sta sopra di me, mi procuro un bastoncino di luce. Rapida come un falchetto la hostess si getta sulla lampadina, mi ruba anche quel bastoncino di luce.

<<Insomma, si rende conto che sta disturbando?>>

<<Io non disturbo nessuno, io leggo.>>

<<Gli altri non leggono.>>

<<Gli altri no ma io sì.>>

<<Lei deve far quello che fanno gli altri.>>

[…] Che accade? Accade che ascolto, di nuovo. Guardo e ascolto, come vuole la hostess, come fanno gli altri, identica agli altri: e a un certo punto, completamente domata, piegata, privata di ogni volontà, non mi ribello più. Non ho più l’emicrania, sto bene, accetto Sofia Loren, George Peppard, il Sistema. Un Sistema che fabbrica aerei dove non solo si mangia e si beve come al ristorante ma si vedono film come al cinematografo, un Sistema che ti impone il comodo, il divertimento anche se non lo vuoi: se non lo vuoi sei domato, piegato, sconfitto con l’arma stessa del comodo, del divertimento che entra in te con la forza di un veleno, di un virus.

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