Che ne sarà della moda? La "scioccante" verità è stata svelata

Che ne sarà della moda? Ecco svelato il segreto di pulcinella del fashion system.

Doveva accadere, era solo questione di tempo. Sì, c’era da aspettarselo, prima o poi qualcuno del settore doveva farlo, molti lo aspettavamo e tanti lo temevano, quel giorno. Molti lo aspettavano e tanti lo temevano, il giorno in cui la verità sarebbe stata schiaffata in faccia a tutti quanti, nuda e cruda.L’Alta moda, quella delle Maison storiche orfane dei loro padri fondatori, non ha più senso d’esistere (salvo superstiti d’eccezione). Le nostre aspettative verso i nuovi direttori creativi saranno sempre troppo grandi, poiché paragonate con il mito. E così niente, non ci sarà più un Dior, un Yves Saint Laurent, una Chanel-Karl Lagerfeld, un Moschino e nemmeno un Balenciaga. Dobbiamo solo prenderne atto.

Quello a cui abbiamo assistito fino ad oggi ha un nome:
si chiama accanimento terapeutico.

Perché non ci sarà mai più un creativo giusto per marchi di questo calibro, almeno, non tra le nuove leve. Ed è così che la dichiarazione shock dei nostri amati Domenico Dolce e Stefano Gabbana risulta non avere proprio nulla di scioccante: “dopo di noi nessuno disegnerà il nostro marchio[…]Immaginate Dolce & Gabbana fatto da uno scandinavo?” hanno detto durante il Vogue Festival 2016 a Londra, guadagnandosi uno scroscio di applausi. Niente di più sensato.

La moda riflette i tempi in cui si vive, anche se, quando i tempi sono banali preferiamo dimenticarlo.
Coco Chanel*

Tempi banali originano personaggi banali, idee banali e strategie commerciali superficiali: non fa una piega. Pertanto, occorrerebbe smetterla una volta per tutte e ripartire da altro. Facendo altro. Evitando così di continuare a molestare il patrimonio e l’identità di quei geni che hanno cambiato per sempre la storia del costume e della società.

“Se voi osservate i nuovi stilisti, di stile praticamente non sanno niente. Sono fenomeni tra PR e socialite […]Mai avreste visto un marchio di rilevanza mondiale senza lo stilista. E qualche volta, quando è capitato, è stato un dramma”.

(Della Valle Luxury Summit organizzato dal Sole 24 Ore a Milano)

“È uno strano mondo quello odierno: giovani stilisti di cultura e stili completamente diversi si susseguono a disegnare marchi creati da geni come Christian Dior. Risultato: Dior non è più Dior, è un’altra cosa”.

Stefano Gabbana, fonte Fashion Magazine

Che ne sarà della moda?

Il messaggio è stato lanciato forte e chiaro. E non per fare la parte di Grande puffo con la solita predica, ma quello che la stampa tradizionale non dice lo ha sempre detto la sottoscritta e altri pochi qui sul web. Ne parlo da mesi ormai, perché non c’era bisogno di alcun vecchio saggio elfo per leggere il disagio che sta annientando le più grandi case di moda internazionali. Una “passione di Cristo” iniziata con il valzer di licenziamenti e abdicazioni, continuata con la tentazione see-now buy now, ristagnata intorno all’investitura di Alessandro Michele a Messia della moda (che, parliamoci chiaro, con tutto il bene e con tutta la mia più sincera stima, però, ecco, insomma, non esageriamo) e giunta, infine, al climax dell’imbarazzo con l’elezione del beauty di lusso a pietra filosofale, per non dire a motivo di esistenza delle Maison.

Il sistema moda si è inceppato inesorabilmente. Sarebbe il caso di prenderne atto per percorrere altre strade. Percorrere altre strade prendendosi a cuore la missione di mantenere intatta l’iconicità di quei sogni germogliati nel secolo passato.

Ecco cosa dovrebbero fare magnati come Arnault e Pinault,

salvaguardare e recuperare, non snaturare.

Fashion Editorial