Bellezza e moda 2016: cosa aspettarsi per il futuro?

Bellezza e moda 2016: il bello come missione. Qualcosa di bello è utile all’umanità, perché conduce al vero, ma allora, perché il brutto contagia sempre di più la moda? In attesa delle varie Fashion Week di settembre, sale l’attesa di vedere le letture che daranno del contemporaneo.

La bellezza è una promessa di felicità per Stendhal, e gli credo. Bellezza e forma, bellezza e misura, bellezza e virtù, questo ci insegna la cultura Greca, questo abbiamo ereditato, eppure, pare che la ricerca del bello, si sia interrotta da un pezzo. “Viviamo in un’epoca senza misura, per questo la nostra epoca è brutta“. E’ il filosofo Diego Fusaro a servirmi l’ispirazione giusta.”[…]Nel Simposio, Platone dice che di tutte le idee quella che più filtra nel mondo sensibile è quella della bellezza.[…] Per Platone e per i Greci è impossibile disgiungere il bello dal vero, il bello dal giusto, il bello dal buono”.

L’uomo è attirato dalla “bella forma” come l’occhio dalla luce, ma allora, perché la bellezza non sembra più essere il fine della creatività?

Bellezza e moda 2016: oltre il consumo.

Pare che ci facciano vivere nel brutto per favorire i nostri consumi. Ma se proprio non si può fare a meno di consumare, non c’è giustificazione al consumo pro-abbrutimento. Mi sono chiesta più volte cosa celasse l’ostentazione del brutto portato sotto i riflettori della moda da Demna Gvasalia(giusto per citare il più “cool” del momento), prima con Vetements e poi da Balenciaga, ora è tutto chiaro. Leggendo un interessante articolo tratto dal New York Times verrebbe fuori un parallelismo tra la moda 2016 e quella Francese stabilitasi in reazione alla fine del Terrore Rivoluzionario, nel XVIII secolo. Durante l’età Termidoriana per le strade di Parigi si andava sollevando un fermento sociale in netta contrapposizione con le restrizioni precedenti. Erano i giovani a impugnare e a calcare la mano dei loro comportamenti a partire dallo stile vestimentario. Rispettivamente Incroyables e Merveilleuses, entrambi i generi si facevano portavoci del cambiamento. Volutamente provocatori divenivano caricature stravaganti simbolo di una nuova corrente politica che si riappropriava del fasto, del piacere e del superfluo.

Moda e provocazione, il nuovo lusso

Oggi, come ieri, quindi, i vari designer andrebbero seminando barbarie visive per stimolare protesta.

Non fa una piega. O meglio, non fa una piega se si pensa che alla miseria umana si debba reagire con altrettante tonnellate di brutto. Se ad uno schiaffo si debba rispondere con una bomba nucleare. Ecco, mi sembra altamente infantile, quanto inefficace, se non volutamente annichilente e distruttivo pensare di cambiare il mondo attraverso la “non misura”, la decostruzione e la deformazione della fisicità e delle identità. Faccio davvero fatica a trovare una metafora di speranza nel consumo di reiterati “sgarbi estetici”. La questione è, che non credo che il brutto sia il linguaggio chiave della ribellione, perché, come ci ricorda Diego Fusaro, nel brutto non c’è mai verità. A questo ci si dovrebbe ribellare.

immagine copertina via pinterest.com

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