Come funziona Instagram? Di soldi e fuffa, accipuffa
Tre cose occorrono per essere felici: essere imbecilli, essere egoisti e avere una buona salute; ma se vi manca la prima, tutto è finito. GUSTAVE FLAUBERT
Non sono abbastanza imbecille per essere felice e appagata. La verità è che nottetempo sono ossessionata da un sogno scandaloso: la fine di Instagram. O, perlomeno, dal ridimensionamento della sua importanza.
E’ scandoloso che sia io a dirlo, perché, oggi, da Instagram arriva quasi l’80% dei miei guadagni, ma la realtà è che dentro questo piccolo alveare di pazzi c’è l’aria viziata. E l’aria viziata pesa di più della convivenza con i pazzi.
Come funziona Instagram? Male
Il fardello di Instagram che tanti come me si portano dietro, è il dover ricondurre il proprio saper fare, ad un mero saper far “vedere”. Ma la cosa più annichilente è che questo “saper far vedere”, per quanto creativo, difficilmente avrà un risultato esaltante.
Quando facciamo business con il business di Mark Zuckerberg, il banco vince sempre. Dobbiamo meritare ogni singolo like, view o follower che sia, entrando nelle grazie dell’algoritmo, un risultato precario e per nulla certo. […] L’algoritmo non premia la qualità, ma è soggetto al gusto ordinario dell’utenza che non sa distinguere tra foto originali e ordinarie.*
In una foto, quindi, si deve tentare di ingabbiare il proprio mondo, i propri universi e le proprie ambizioni. E bisogna farlo sempre al meglio delle possibilità, tutti i giorni, più volte al giorno. La cosa frustrante è che quel mondo, quegli universi e quelle ambizioni, raramente ripagheranno appieno- in termini di successo- il soggetto, come conferma Riccardo Scandellari.
Algoritmi e segreti di Pulcinella, il funzionamento di Instagram incentiva la fuffa
E la fuffa è ciò che viene venduto più a caro prezzo, oggigiorno. Instagram è un’allucinazione collettiva e il fatto che gli si dia così tanta importanza, eleggendo a idoli da imitare i personaggi più fasulli e non qualificati del momento, è la chiara espressione di quanto a qualcuno di potente faccia comodo mantenere la folla in un beato e pacifico sonno. Un beato e pacifico sonno, grasso di illusioni tossiche.
Un sonno che plachi l’iniziativa e le intuizioni più profonde,
un sonno al riparo dal dubbio, un sonno-pacchia in grado di alleviare la frustrazione grazie ad una indicibile bugia: quella della democratizzazione del successo personale.
Instagram è l’emblema più rappresentativo dell’ignavia a cui gran parte della massa si appella per tirarsi fuori dal rischio di dover faticare per raggiungere i propri obiettivi.
Instagram, è bene ricordarlo, non ti porterà al successo e alla felicità,
perché l’instalavoro non è un mestiere, tanto è vero che da qualche tempo diverse aziende e agenzie stanno abbandonando le ricerche “quantitative” per affidarsi a parametri qualitativi tangibili che travalicano i confini di questo social.
Inutile starvi a raccontare, che se non avessi iniziato a lavorare come blogger prima dell’era Instagram, con i miei follower, oggi, non ci farei niente. Retorico starvi a dire che senza un rigoroso operato quotidiano sul blog, l’autorevolezza e la credibilità si perderebbero nel paludoso ventre di un social antimeritocratico e lì finirebbe, perso nell’oblio della sua assurdità.
Instagram è diventato un business distruttivo,
sia per le aziende (che non sanno più che come gestire creatività, economia e logistica per stare al passo con la voracità visiva di una massa deviata, v. Consumi di moda 2017), che per che per le persone.
Dammi retta, lascia perdere le “stelle di instagram” e datti da fare, per davvero
L’instafantascienza è diventata realtà. Diventare famosi mostri di like e follower mettendo sottochiave il cervello e l’impegno, ad esempio, sembra essere una panacea contro la crisi occupazionale, ma sarebbe ora che si smettesse di incentivare questo ammutinamento cerebrale generalizzato.
L’etimologia della parola lavoro, non a caso, è da ricondursi al latino labor = fatica, pertanto, sarebbe il caso che i media la piantassero di raccontare “fregnacce”, elevando a modelli di ispirazione per i giovani -spesso disoccupati- una categoria così compromessa e inconsistente come quella degli “Instagrammers”.
Il lavoro su Instagram inizia, ma non finisce lì.
(a tal proposito puoi leggere qui “Fashion blogger famose senza blog: ecco perché il blog va difeso”)
Immagine copertina via pinterest.com
Ne abbiamo parlato tante, troppe volte.
Instagram è il male come quell’altro cosa / persona innominabile che dico io.
Non so se finirà mai.
xxx
Mari
http://www.ilovegreeninspiration.com
hai proprio ragione cara!! articolo davvero interessante!!
http://www.fashi0n-m0de.blogspot.it
Il tuo pensiero non fa una grinza!!! Lo condivido a pieno!! Potremmo stare a parlarne per ore e ore!
Ho trovato il tuo articolo davvero bello ed esauriente a riguardo!
Nicoletta
http://lavieestbellebynicoletta.altervista.org/
concordo in pieno, ne parliamo spesso tutte, è tutto un inganno quello di instagram purtroppo …
http://www.unconventionalsecrets.com/