Influencer robot. Presto ne arriveranno altri e poi altri ancora. E alla fine comanderanno loro
Influencer robot. L’inumano si appresta ad essere preferibile all’umano, proprio come l’impossibile ma credibile di Aristotele.
Cantano, fanno i modelli e si lanciano in dibattiti politici, in pratica, da qui a diventare attori di Hollywood e poi presidenti degli Stati Uniti, il passo è breve come per Kevin Costner planare da Los Angeles su un gozzo per la Rio Mare.
Stiamo calmi. E’ tutto chiaro e sotto controllo, loro non sono reali
Quello che è molto reale e fa angoscia, invece, è la loro popolarità, che, badate bene, non è da confondersi con l’ influenza (cosa a cui i soliti cialtroni non danno peso, perché nell’analfabetismo generalizzato nessuno dà più importanza alle parole, tanto meno al loro significato).
Di fatto, però, la tizietta con lentiggini e naso a patata è ovunque e super sponsorizzata soprattutto da marchi di moda, tra cui (haimè) svetta Prada, colpevole di averla “invitata” persino alla sfilata dello scorso febbraio.
L’ultimo stadio dell’insofferenza: l’influenza dei robot
Miquela Sousa alias @LilMiquela, cantante, modella, attivista e chissà quante altre straordinarie cose e suo “fratello” (?)Blawko sono dei robot, insomma, dei personaggi inventati. E’ tutto finto. E pure tutta l’assurda saga montata tra loro, i paladini della terra, e l’antagonista, la biondina pro-Trump, @Bermudaisbae, lo sono. Hackeraggio compreso. (Se volete farvi una “cultura” (???!!!!) per capire bene di cosa sto parlando potete rileggere la delirante cronistoria dell’accaduto registrata meticolosamente da Thecut.com .)
Lo dico, perché il dubbio sulla loro reale esistenza sembrava non far dormire la notte il loro foltissimo pubblico
(ovvero quella milionata di seguaci accumulati dalla Miquela nel giro di due anni).
Ebbene sì, la gente li vedeva “normali”, proprio come Justin Bieber.
Ora, va bene che ci hanno letteralmente spremuto il cervello, ma dall’altra parte noi ce lo siamo bevuti volentieri. In una imperitura spettacolarizzazione della vita, simpatizziamo con il falso e lì stazioniamo, in una zona di comfort letale, in cui il vuoto spazza via la ragione, la libertà e il pensiero.
Sulla proliferazione di simulacri
“Nel lenzuolo funebre del virtuale il cadavere del reale è definitivamente introvabile.”*
In pratica l’eccesso di realtà a cui la tecnologia e i media ci hanno abituati sta coincidendo con la scomparsa definitiva della stessa. E’ da qui che fiorisce la società simulacrale teorizzata da Baudrillard dove il concetto di simulacro non ha alcuna relazione con la realtà e ciononostante risulta vero, proprio come Miquela e compagnia.
E così, eccoci a perdere tempo dietro a questi acerbi, desolanti, figurini renderizzati dall’aspetto insolente, missionari di pace e coolness (?), dei quali abbiamo recentemente scoperto i “genitori”:una start-up di Los Angeles, Brud , che difficilmente mirerà a vivere di pane e bontà.
La follia è in scena, l’esperimento è andato a buon fine, la gente partecipa attivamente ed emotivamente alla vita dei robot, proprio come se fossero persone in carne ed ossa.
La fine del mondo è dietro l’angolo e, forse, è anche meglio così, ce lo meritiamo
Se è vero che le utopie consolano, possiamo tranquillamente tornare a fare quello che facevamo, nell’iperrealtà di Matrix-gram,
perché, pensandoci bene, questi robot non sono poi così tanto più finti di noi umani tagliati, incollati e dimagriti in un atollo delle Maldive, anziché nella piscina comunale di Ovada.
Completamente intontiti e incapaci (o ancor peggio disinteressati) di scorgere la verità o l’assurdo dietro tutti questi filtri di bellezza, da bravi sudditi, remissivi seguaci del nulla pensiero, fluttuiamo in uno scenario socio-culturale scarno, piatto in cerca di svago.
Tutta colpa dello spettacolo
Lo spettacolo ha fagocitato il mondo e l’ ha fatto comportandosi come una mamma comprensiva e amorevole, accogliendo i paradossi, le incoerenze, gli estremi e semplificando e banalizzando la portata trasgressiva e oscena di informazioni, immagini, fatti e persone. Totalmente inoffensivi e deboli, poiché abituati a digerire “la qualsiasi”, siamo giunti a condurre una vita semplice e insensata, in cui tutto è possibile, perché niente ha più a che fare con il reale.
[…]Lo spettacolo è il cattivo sogno della moderna società incatenata, che non esprime in definitiva se non il proprio desiderio di dormire. Lo spettacolo è il guardiano di questo sonno.
Guy Debord, La società dello spettacolo, 1967
Buonanotte.
ps. dai uno sguardo anche a Shudu.
*http://www.metabasis.it/articoli/18/18_Vagnarelli.pdf
immagini via pinterest.com
Oddio sai che questa mi mancava proprio?? Un robot con oltre 1 milione di followers???… siamo messi malissimo!!
Un bacione! F.
La Civetta Stilosa