Vogue America Anna Wintour rimane per sempre, ma perché?
Vogue America Anna Wintour or Vogue Mafia capitolo 2
Molto meglio di Dynasty, Beautiful o Dallas è l’avvincente”Vogue Mafia”, quella serie che si srotola in intrighi e colpi di scena da Times Square al numero n.4 toccando tutti i continenti.
Seppur disattesa la speranza di veder rimpatriata la “perfida Albionica” dal territorio Americano, le speculazioni e i nefasti rumors intorno alla rivista sono tutt’altro che sfumati.
“Anna rimarrà nella sua posizione indefinitamente“.
L’amministratore delegato di Condé Nast, Bob Sauerberg, dopo mesi di chiacchere gela la platea e parla anche per la Wintour la quale, invece, si era sempre riparata dietro un laconico ” I’m not going to address it”.
Che voglia o che non voglia, quindi, Wintour rimane. Per sempre. E sa un po’ di imposizione, più che riconoscimento.
Wintour fuori da Vogue America? Non expedit.
Questa è la disposizione, ma perché?
Non di certo perché è bella, cara e indispensabile. No, infatti, questo lo fanno credere a noi, poveri sempliciotti ingenui. Non è un caso che intorno a lei si stia facendo piazza pulita.
Cambiare tutto, affinché tutto rimanga com’è (ma solo nelle apparenze)
C’è chi giura che niente sarà più come prima dopo l’audace “riposizionamento” di venerande figure cardine quali Tonne Goodman -fashion director- e Phyllis Posnick – executive fashion editor- , metaforicamente gli “occhi” di Vogue America, che benché si vadano a inserire in una più ampia ristrutturazione del gruppo, sono a tutti gli effetti scelte che segnano un cambiamento radicale nell’estetica della testata.
E così la vecchia guardia sta per essere totalmente rimpiazzata: c’è chi viene detronizzato, chi viene allontanato e chi retrocesso. Persino per il numero di settembre i contributi della Wintour e del suo team (o meglio, quello che rimane del team) sembrano piuttosto marginali, tanto è vero che in queste settimane non si è fatto altro che dibattere sullo strapotere guadagnato dalle celebrity in copertina ( a questo giro Beyoncé) a discapito degli addetti ai lavori*.
Se a pensar male si fa peccato, molto spesso si indovina.
Wintour non può lasciare, perché se mai avesse lasciato, il tracollo del gruppo editoriale sarebbe stato immediato.
Anna Wintour è la chiave del business di Condé Nast
Consideriamo tutta la mitologia intorno a Vogue e Anna Wintour creata negli ultimi 10 anni. Una mitologia molto commerciale e, guarda a caso il tempismo, creata appena un momento prima dell’implosione dei gruppi editoriali a causa del boom di blog e social. Effettivamente solo a uno stolto non apparirebbe come una meticolosa strategia volta a prevenire o ad ammorbidire la crisi della carta stampata degli anni a venire.
Ripensiamo, quindi, a tutta l’impalcatura promozionale messa in piedi intorno alla Wintour e tutta quell’epopea di comunicazione e marketing atta a rinforzare la luce della stella “Vogue America” nel mondo in quanto sorgente di tutto lo spettacolo della moda.
Si chiamerebbe narrazione transmediale
Possiamo così ipotizzare che tutto il successo intorno al famoso “Diavolo veste Prada”, prima libro, poi film, poi cult, gadget e molto altro non sia stato solamente un “caso”. In effetti se ci pensiamo bene, nel 2003 esce il libro della Weisberger (peraltro, anch’essa dipendente Condé Nast), nel 2006 esce il film e nel 2009 il documentario “The september issue”. Se questa non è una titanica operazione di marketing volta ad accentrare l’attenzione del mondo sulla rivista e sul suo capo (per la prima volta nella storia più vicino al pubblico) e a glorificarla nei secoli dei secoli preservando la baracca intera dall’imminente impatto del web e dei social, ditemi voi cosa può essere.
Il licenziamento della Wintour sarebbe stato letto dal mondo come un fallimento inesorabile, un segno di debolezza imperdonabile che avrebbe solo svalutato il gruppo agli occhi dei potenziali investitori. (Perché tra le varie chiacchere c’era stata anche questa, ovvero, la possibile vendita del gruppo editoriale ad Amazon, Google ecc. – leggi qui per approfondire-).
E così ci siamo spiegati perché Lei rimane. E’ l’ultima carta, l’ultimo nome con cui poter ancora battere cassa, vuoi con un’edizione limitata di scarpazze Nike, con un paio di ciabatte Havaianas o un paio di presine per torte.
This is Vogue Mafia
Nota Bene: ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
*Che poi, piazzare in copertina Beyoncé, la cantante, diva, afro, più potente e idolatrata del pianeta proprio a settembre è già una dichiarazione di estrema emergenza vendite.
P.S Un po’ di numeri
2milioni di dollari è lo stipendio della Wintour a cui si aggiungono un autista personale e un budget di $$$$$$… per spese abbigliamento.
120 milioni di dollari sono i soldi persi da Condé Nast l’anno scorso
3 sono le testate da vendere entro l’anno 2018 (W, Brides, Golf Digest)
Link
https://www.nytimes.com/2018/07/30/style/anna-wintour-vogue-editors.html
https://www.businessoffashion.com/articles/professional/american-vogues-september-issue-leaks-rumours-and-making-history
http://ilpiccolo.gelocal.it/tempo-libero/2018/04/04/news/anna-wintour-il-diavolo-lascia-vogue-1.16673119
https://www.thecut.com/2018/07/tonne-goodman-phyllis-posnick-to-exit-vogue.html#comments
https://fashionista.com/2018/07/tonne-goodman-phyllis-posnick-vogue-editors-stepping-down
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