Nuovi Marchi Moda 2019
Se è da almeno due decadi che hai passato la tempesta ormonale e i poster dei Take That sono solo un tenero ricordo spazzato via dalla maturità e dall’abominio dei vari Talent di boy scout travestiti da cantanti o dei casi umani mascherati da rapper, forse, è comprensibile che quello che viene chiamato “lusso” oggi ti sia incomprensibile.
La ripetuta, meschina speculazione dei grandi brand sull’estetica oziosa e viziosa dei rapper–skater ha fatto scadere la loro reputazione e la loro desiderabilità in una infelice allucinazione per teenager o per Asiatici affamati di status symbol.
Sotto la benedizione dei Social tutto è diventato possibile, poiché la popolarità si è andata a sostituire alle capacità, al talento e alla credibilità.
I cantanti e Dj sono diventati stilisti e consiglieri idolatrati dalle Maison storiche, mentre il gruppo di designer disoccupati è sempre più folto . *
E se LVMH si appresta a lanciare un luxury brand con Rihanna come Kapò, non possiamo certo condannare un marchio come “Drew House” (appena lanciato da bimbo-Bieber) che fa dell’ arroganza divistica e fannullona degli adolescenti un manifesto.
I ruoli si liquefanno, i marchi si sovrappongono e come vi accennavo la scorsa volta, persino i font dei loro loghi si appiattiscono intorno agli apatici Sans Serif, sineddoche visiva di una indifendibile, disadorna semplificazione sociale e culturale.
“Quasi sempre, mentre una moda regna, al suo interno c’è già una fronda”
Smettere di desiderare non è per forza sbagliato, ma devi sapere che oltre al magma di mortifero business che ha soffocato molte delle case di moda più importanti, c’è dell’altro.
Già, c’è dell’altro. Molto altro.
Mai sentito parlare della fashion week di Tblisi? E di quella del Centro Europa a Budapest? O di quella Danese, che peraltro, è appena finita.
Certo, non se ne parla mai sui magazine tradizionali, perché per essere recensito o pubblicizzato sulle testate più conosciute devi pagare quote da brivido. Il primo prezzo per comparire sul sito di Vogue Runway*, ad esempio, è di 20000$, offerta eccezionale determinata dalla crisi di Condé Nast e non di certo per uno slancio di generosità.
Come sono umani loro.
Non ci credi? Prova a cercare su Google: Copenhagen Fashion Week. I risultati avranno tutti come oggetto lo street style, non l’evento! Come se i tutti i marchi partecipanti non meritassero nemmeno una nota o una postilla a piè pagina.
Spietati e senza cuore. Vero.
Eppure, al riparo dai Kardashian e dai risvolti più deplorevoli dell’influencer marketing eccovi il meglio della fashion week autunno inverno 2019 Danese.
Lo stile Scandi è fresco, cordiale, rilassato e particolarmente sensibile al tema della sostenibilità.
Vale la pena tenere d’occhio questi nuovi marchi che hanno piena legittimità per entrare di diritto nella nostra lista dei favoriti.
Cecilie Bahnsen
è una realtà couture che tutela una femminilità vecchio stampo, piuttosto romantica e fragile, eppure riesce a interpretare la silhouette della donna in chiave moderna. I volumi scultorei e i dettagli intricati sono attuali e mai eccessivi o ridondanti.
Rotate di Birger Christensen
Specializzato in abiti, promuove una femminilità disinvolta, forte e lussuosa. I colori vivaci sdrammatizzano il fardello “erotico” del corpo spesso molto in evidenza.
Stine Goya Studio
Sostenibile*, teatrale e dinamico. La collezione invernale è stata presentata come un happening, l’ispirazione viene dall’architetto Italiano Lorenzo Mongiardino. Sugli abiti fioriscono broccati floreali, stampe di tappezzeria e bozzetti d’interni.
*”floor length sweeps of peace silk – woven only from the empty cocoons of silkworms – form the body of dresses, signature Stine Goya prints are created with single process digital printing without the need for water use, and looks are dusted with a smattering of recycled (and recyclable) PET sequins. Tailoring fabrics have been crafted from hemp and silk certified by the Global Organic Textile Standard, linings appear in recycled polyester mix, and buttons crafted from recycled mineral shell powder are a finishing touch. “
BY MALENE BIRGER
E’ la più “Parigina” dei marchi Danesi. C’è una combinazione di essenzialità e durezza Scandinava che si combinano alla perfezione con la ricerca di una sofisticazione a noi molto familiare. Approccio sartoriale e design moderno.
HOFFMAN ( di Mara Hoffman)
Un approccio spirituale, inclusivo ed ecologico sono una vera missione per il marchio. L’estetica minimale e lusinghiera fa trasparire una devozione per la ricerca di uno stile che protegga e nello stesso tempo potenzi la figura femminile contemporanea.
*Alber Elbaz, Phoebe Philo, Frida Giannini, Alessandra Facchinetti (?)…
Gloria ma come mai il tuo blog appare con le foto che rendono impossibile la lettura?
Mi sembra strano, che device sta usando? E’ la prima che riscontra questi problemi.