Roberto Cavalli concordato preventivo: cosa c’è dietro questa crisi?
Il disagio provato nel constatare che la Milano Fashion Week è diventata una kermesse di marchi Cinesi è un sentimento con cui dovremo familiarizzare quanto prima, perché Milano, le sue maestranze e la sua storia, sono in vendita a Cinesi, Americani e Arabi per prezzi stracciati da diverso tempo.
Trussardi, Versace, Missoni: nell’ultimo anno è successo di tutto nella moda Italiana. C’è chi ha venduto, chi ha ceduto quote per risollevarsi dal baratro e poi c’è la faccenda “Roberto Cavalli“, diventato tema scottante proprio negli ultimi giorni. Prima l’allontamento di Surridge, poi la chiusura di tutti i negozi Americani e ora la vendita o la ricerca di un nuovo socio.
Nuovo socio cercasi: servono almeno 47 milioni di euro per uscire dalla crisi
Fine del rodeo per Cavalli e non è colpa di Clessidra. Partendo dal presupposto che i fondi come Clessidra non sono mai stati famosi per opere pie e atti di benevolenza verso l’umanità, ci rimane solo da augurarci che qualche gruppo (Bluestar Alliance, Renzo Rosso o Philippe Plein) possa imbarcarsi il prima possibile nella scommessa di reinventare questo faticoso marchio. Faticoso, perché, ad oggi, non ha senso di esistere.
Roberto Cavalli: l’epilogo di un marchio che non è sopravvissuto all’identità “vampiresca” del suo fondatore
Spesso ci si preoccupa di quel che ne sarà di un marchio dopo la morte del suo creatore senza pensare a quanto possa essere problematico disfarsi del suo influsso quando questo è ancora in vita e il brand deve essere salvato. Sì, il tronfio Roberto è vivo e vegeto e anche se un po’ ammuffito e sottotono come i suoi “covi” notturni, purtroppo, non ha mai smesso di emanare esalazioni tossiche di mondi esausti, popolati da figure scoppiate e torbide.
“L’eccesso è il mio successo”, certo, finché dura
Il “Briatore della moda” con la sua presenza ancora più ingombrante poiché allargata ad un lifestyle cucito insieme a eccessi, mondanità, discoteche e animalier, pur avendo ceduto il 90% dell’azienda a Clessidra non è mai riuscito a scomparire realmente dall’immaginario del pubblico. E mi pare che sia proprio per questo, non solo per la crisi, se il brand ha registrato una progressiva perdita di redditività.
Roberto Cavalli è sempre stato Roberto Cavalli
e a nulla sono serviti i tentativi dei vari Dundas e Surridge: il marchio, infatti, appare profondamente incrostato di un atteggiamento esondante, maschile e spocchioso (quello del suo creatore), riflesso e lente d’ingrandimento di un’epoca sorpassata, fastidiosa e imbevuta di ostentazione INsostenibile.
E poi a fare “Cavalli” oggi ci sono le Kardashian e NESSUNO oltre a loro riesce stare “al passo con Kardashian”.
Pellami, stampe, belve, colori esagerati, sesso e atmosfere “privé”:
Roberto Cavalli non rappresenta più nessuno. Se a questo scenario, poi, si somma il fatto che è dal 2012 che dell’azienda si parla solo per questioni di tipo economico-finanziario, di governance e di ristrutturazione aziendale ben si comprende quanto il tracollo non sia solo una tragica fatalità.
A pensare alla faccenda di Roberto Cavalli mi viene in mente Icaro,
il quale ebbro di sicurezza e vittima di una cieca euforia con le sue ali di cera non si rese conto di volare troppo vicino al sole e precipitò in mare.
Nonostante le buone intuizioni come l’uso della stampa su pelle avuta nei lontani anni ’70 o il successo dei jeans sabbiati (peraltro risultati dannosissimi per la salute degli stessi lavoratori) e stretch, Roberto Cavalli divenuto poi locali notturni, intimo, occhiali e caffè ha avuto la presunzione di poter essere insostituibile. In questo modo si è fuso alchemicamente con tutto quello che portava il suo nome non pensando che questa grandeur in un giorno sfortunato gli si sarebbe potuta ritorcere contro.
Ebbene, quel giorno è arrivato, e più in fretta di quanto potesse immaginare.
A un certo punto ha cominciato a corteggiare l’idea di essere onnipotente, un errore imperdonabile
Con una inverosimile tracotanza affermava: “ho iniziato a copiare Dio”, ma, forse, mancandogli qualche esempio di mitologia greca, deve aver sottovalutato gli effetti di un affronto simile.
L’hýbris (ubris) è un accecamento mentale che impedisce all’uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli Dei, verrà punito e con lui anche i suoi discendenti.
Ma sono soltanto favole, quindi, dimenticate pure il mio delirio.
immagini via pinterest.com
Oh, che dire, a me è sempre piaciuto poco, fin dagli inizi. Ho visto nelle due creazioni quel tocco sempre più pesante di volgarità e di esagerazione che proprio non rientra nei miei gusti. Ho apprezzato i profumi, sia maschili che femminili.
Mi dispiace per i lavoratori però, professionisti e artigiani che hanno saputo realizzare le sue idee in modo sapiente.(Mi riferisco allo stabilimento di Firenze chiudo tempo fa).
Saluti da Elena
Perché la d al posto della s?
Correttore malefico!
E avevo pure riletto