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Moda borghese 2019: perché ci piace sembrare così “borghesi”?

Moda borghese 2019. Quanto ci piacerebbe restaurare la borghesia?

Per Zygmunt Bauman al soggetto postmoderno non rimane altro che vivere da turista. Il metodo turistico di vivere vede il vagare senza meta come unica via percorribile.

Una vita da turista, assolutamente di passaggio, necessariamente presentificata, presuppone così il rifiuto di legami a lungo termine con idee, luoghi e persone con le quali si avranno, semmai, rapporti perlopiù epidermici, superficiali.

Una vita proiettata nel momento, seppur disgraziata,

poiché sempre più votata al massimo godimento individuale di cose e persone ( tanto del domani non c’è certezza), ma meglio dire consumo, risulterà anche come l’unica soluzione esplorabile per esorcizzare un futuro insondabile, imprevedibile e vischioso, senza soccombervi prematuramente. *

Ebbene, con presupposti del genere, possiamo comprendere senza particolari difficoltà quanto successo possa riscontrare il nuovo filone narrativo battuto da designer, creativi e pubblicitari negli ultimi mesi.

Borghese: un modesto tentativo di rassicurante vivacità

Vessati dall’asfissiante polarizzazione della nostra esperienza mortale tra una dannazione in stile Kardashian e un’austera prospettiva di vita ascetica di stampo vegano, l’idea di rifugiarci in una piega spaziale moderata diventa quasi una necessità.

Tra estremismi e fondamentalisti, albeggia il ritorno glorioso del “fascino borghese“. Un lifestyle borghese da salotto Milanese primi anni Sessanta. Un po’ vago e inutile, brillante, sicuramente snob, segnatamente svogliato, ma ambizioso, poliglotta e soprattutto fiducioso nel futuro. Borghese, appunto.

“Borghese” on trend: dalla moda al design

Il mood borghese è qui per rimanere. Esaurita la puerile portata politica e provocatoria dello streetwear e dissolte in una nube di paillettes le manie del massimalismo panico, discrezione, compostezza e garbo sembrano voler ripristinare un ordine nuovo bonificando lo scenario dalle molestie visive più disturbanti (e dagli incubi dell’incertezza).

Borghese: un mito familiare ai Millennial

Borghese come Fendi e Max Mara, come CELINE inverno 2019 di Slimane, come Irene Brin e la contessa Clara, come l’Ildefonsa, il Lele e il Piero di Franca Valeri, ma anche come il design di Vico Magistretti e Gio Ponti.

Borghese come noi, che in realtà vi nascemmo e proprio in quanto tali venimmo lanciati dai nostri vecchi verso le cime di una futura classe dirigente, che non saremmo mai riusciti a colonizzare.

Il fascino borghese, la divisa borghese, l’attitudine borghese, se ci fate caso, in questo momento è ovunque, ma per finta, come in un sogno.

Ci piace, anche se non vi apparteniamo, perché ufficialmente morta da anni.

Tutto intorno a noi fa il verso a quel benessere borghese, oggi, proprio oggi, che per la prima volta siamo quasi tutti proletari.

Siamo la prima generazione destinata ad invecchiare più povera rispetto ai proprio genitori.

A parità di preparazione, studi e talento, gli ascensori sociali sono fermi ai piani bassi. A differenza del passato, quindi, la maggior parte di noi fluttua in un contesto senza prospettive: mediocre e miope per eredità e quasi sempre sgangherato, poiché anch’esso ridotto a brandelli dalla crisi.

Borghese: il sogno borghese

E’ solo un’idea nostalgica, ma una buona idea, perché rincuora e rinfranca, coccolandoci nella stabile convinzione di poter godere, come i nostri vecchi, di un avvenire già scritto, appagante e sicuro, poiché possibile. Possibile, poiché garantito.

E’ una recita fatta di colletti inamidati, borsette sul cuore, guantini, cultura variegata e buone maniere. Una bellissima idea confezionata per essere consumata, come una torta o un ananas flambé, la domenica pomeriggio, per non pensare alla pesantezza del lunedì.

Bio

*Il disagio della postmodernità, Z. Bauman, pp. 116-130

Immagini via pinterest.com

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