Settimana della Moda Parigi Primavera Estate 2020: ecco tutto quello che devi sapere sulle tendenze della prossima stagione
Settimana della moda Parigi primavera estate 2020. Se pensavamo o speravamo di finire la carrellata di defilé Primavera Estate 2020 lasciando a casa gli sbadigli, ci sbagliavamo, perché questa volta,
Parigi brilla meno di Milano.
Quasi urticante l’accompagnamento musicale ambientalista in sottofondo che diffusosi come una mania, quando non assume i caratteri più fantasiosi confezionati dagli uffici stampa, dà alla testa e sfocia in inverosimili Greta-cloni vestiti con abiti sgraziati e goffi cappelli presi in prestito dall’armadio di uno spaventapasseri (Dior).
Ma d’altronde per il gruppo LVMH non c’è giorno di pace da quando il rivale Kering sotto la buona stella di Macron, a Biarritz, si è reso portavoce e “mascotte” nel mondo del “green dream” con l’ ambizioso Fashion Pact siglato tra le maggiori aziende di moda mondiali.
Kering VS LVMH: la battaglia per il primato sulla sostenibilità continua
E se tra i palazzi sibilano ancora come dardi infuocati le parole di Monsieur Arnault “ai patti preferisco i fatti”, tra le Maison in scuderia a convincere è proprio Stella McCartney beniamina dei seguaci minimal-ethical.
La McCartney, entrata solo qualche mese fa nel circuito LVMH ed eletta consigliera speciale di Arnault e del comitato esecutivo, è artefice non solo di un marchio con un grande potenziale, ma è anche la chiave ideale per spostare l’attenzione del mondo dalle note mancanze del gruppo in tema sostenibilità e riposizionarlo tra i “buoni” della moda.
PFW SS 2020: conservare più che innovare.
Il ricordo viene presentificato
Alla luce di questo prologo, la percezione generale è che tutte le Maison si siano volutamente trincerate dietro le loro firme stilistiche più celebrate come per paura di essere spazzate via dalla piaga post-moderna più temuta dal mercato: l‘oblio dell’ultratempo.
Abbarbicati nei loro bunker antiatomici, i marchi si aggrappano a simulacri di sabbia, esorcizzando la paura dell’irrilevanza.
Nel tentativo di ricordare le loro identità ai distratti frequentatori dei “Passages” di Instagram i creativi ripropongono i loro cavalli di battaglia
Accaparrarsi l’impegno e la stima del consumatore post-contemporaneo è una questione ancora molto discussa, in particolare nel settore dei beni di lusso. I problemi dell’ascolto ai tempi dell’ipervelocità dei social network e la difficoltà nell’ottenere la fedeltà dei clienti nel lungo periodo, infatti, sono sicuramente i più difficili da eludere.
Se da una parte l’offerta ha superato di gran lunga la richiesta, dall’altra, il consumo critico si è diffuso a macchia d’olio anche tra i big spender Orientali.
Volendo cristallizzare in un’immagine evocativa la figura del consumatore odierno si potrebbe utilizzare la descrizione che Musil dà dello stato d’animo di Ulrich per tratteggiare il suo sradicamento dalla realtà, la sua evanescenza, la sua incoerenza e vaghezza di pensiero e azione.
Il compratore (Ulrich) è come un viandante che si siede su una panchina per l’eternità con il presentimento che si alzerà subito.
Parigi Fashion Week primavera estate 2020: ecco i punti salienti
Ed ecco così giganteggiare all’orizzonte le brutali silhouette di Balenciaga-Gvasalia affiancate dai soliti abiti foulard. Spostando lo sguardo, moribondi, pesantissimi completi in tweed ci confermano che Chanel non è più di moda, mentre poco più avanti le anonime Parigine di Slimane seppelliscono definitivamente Celine in un ossario comune insieme all’ennesima inconsistente bizzarria dei “vestitoni” Valentino di Piccioli.
Anche Clare Waight Keller (Givenchy) delude scioccando un intro piacevolmente minimal con un diluvio di massimalismo fiorato a dir poco spiazzante.
Incertezze creative anche per Vaccarello (Saint Laurent) che ripesca dal repertorio YSL abiti gipsy da contadina russa datati 1976 e li piazza accanto ai soliti notturni, audaci, tailleur a cui nella parte inferiore mancano abbondanti pezzi di stoffa (sono tutti mini shorts).
L’incongruenza diventa credibile nella prova di Anderson per Loewe dove l’artigianalità Iberica si muove su figure solide e ariose e ripercorrendo strutture vestimentarie secolari riadattate in modo inconsueto per la contemporaneità.
Rimangono fuori “concorso” e fuori dalle regole del business i soliti noti della PFW. Il climax ascendente, parte con Margiela passando per Yamamoto e si compie con Owens e Kawakubo. I loro defilé non hanno nulla di indossabile, poiché l’abito viene svuotato del suo tradizionale significato d’uso per sovraccaricarsi di simboli ermetici e libere connessioni extratestuali. Sono happening più che fashion show, ma oltre alla filosofia, qualcuno dovrà pur comprare dei vestiti un giorno o l’altro. Questa è la sfida.
immagini via bof.com
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