Zac Posen chiude dopo quasi 20 anni. Nessun investitore è disposto a credere nel lavoro del designer. Con lui vanno a casa 60 dipendenti.
Zac Posen, 39 anni, Americano, è famoso per aver fasciato in chilometri di stoffa i corpi delle più famose dive Americane, eppure, in Europa rimane pressoché ignoto.
L’elefante nella stanza: gli abiti “Barbie Magia delle feste” non interessano nemmeno più alle bambine di 8 anni
I designer di ready to wear vecchio stampo, particolarmente fissati con la fastosità dei capi, oggi hanno una vita incerta. Anche con mecenati come Pinault o Arnault alle spalle, infatti, il rischio mortifero di fare la fine di Giambattista Valli svenduto da H&M durante il periodo di Halloween è tangibile.
Dal 2000 in avanti il mondo ha subito una disruption dietro l’altra: dall’attacco delle Torri gemelle alla crisi economico-finanziaria, passando per digitalizzazione e l’accelerazione delle esistenze, l’umanità è stata scrollata dal suo monolitico, quanto soporifero torpore inzuppato di fiducia e speranza, per essere proiettata verso un futuro di incertezza e paura.
Si è cominciato a parlare di resilienza e mentre i sentimenti di diffidenza, odio e rancore si sono riversati sui social networks, nel mondo reale la popolazione ha cominciato a trincerarsi in micromondi fatti di consumi consolatori privilegiando la distrazione ad una evoluzione critica e consapevole della propria persona.
L’umano medio di oggi vive atomizzato in fucine virtuali di individualismo e narcisismo isterico. Nel frattempo, anche gli stili vestimentari si sono modificati all’insegna del travestitismo, della fluidità di genere, dell’esagerazione e della funzionalità.
Dato il clima di alta tensione, silenziosa, ma perpetua, si è cominciato a parlare di uniformi. Uniformi informali, talvolta massimaliste, altre punk, cozy, borghesi, ora minimalistiche. Il corpo delle donne, in particolare, offeso ed esasperato dal perpetuarsi delle angherie da parte del genere opposto, quando non si è occultato sotto divise da combattimento dai volumi iperbolici, ha optato per un abbigliamento che ha eletto l’austera modestia dei capi come massima espressione della propria indipendenza dal regime visivo maschile e come ferma dichiarazione di emancipazione.
A fronte di questo scenario, tutti quelli che non sono adattati in tempo o non hanno avuto modo di poter affrontare il cambiamento repentino aggrappandosi ad una brand identity granitica e consolidata sono stati o stanno per essere spazzati via.
La fine di Zac Posen e delle sue silhouette in stile grande soiréee, quindi, non è solo indicatore dello stato in cui verte la moda contemporanea, ma è anche la prova ineluttabile della fine dell’influenza tradizionale dei grandi media tradizionali con annesso jet set.
Il prezzemolo sta alle minestre come Posen ai red carpet
Non solo era il protetto della Wintour, ma anche direttore creativo di Brooks Brothers, stilista delle divise per Delta Air Lines, giudice di “Project Runway” dal 2012 al 2018, scrittore di libri di cucina etc.
Eppure, a nulla sono valse le cerimoniose apparizioni con Naomi Campbell o le altre dive, a niente è servita la sua popolarità in tv e nemmeno la protezione di tutta Vogue America, perché nessuno può convincere le donne a comprare abiti da Barbie Magia delle Feste, quando Barbie Magia delle feste giace nella lista dei giochi indesiderati anche per le bambine di otto anni.
A Posen sono mancate sicuramente scarpe e accessori per fare fatturato, ma per vendere scarpe e accessori, ci vuole un’identità forte, e se non sei rilevante, semplicemente non esisti, nonostante tutta la fanfara orchestrata dai media e il seguito di Instagram.
immagini via pinterest.come
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