Matthew Williams VS Daniel Lee, chi vincerà?
Nel nuovo feed Instagram di Givenchy ci sono ancora Clare Waight-Keller e Riccardo Tisci che seppur tumulati a piè pagina come idoli stanchi esorcizzano la cattiva sorte vegliando come numi tutelari sul corso del nuovo direttore creativo Matthew Williams, asceso alla guida della Maison lo scorso giugno. Peccato dimenticarsi di altri tre tizi che passarono, seppur nel vecchio secolo, per la suddetta casa di moda. McQueen, Galliano e lo stesso conte Hubert James Marcel Taffin de Givenchy, non compaiono tra i santini della bio fotografica.
E vabbè, tanto chi sta al passo con muse come Jenner e Lady Gaga se ne frega dei musei.
Chi è Matthew Williams direttore creativo di Givenchy?
Matthew Williams, di cui ignoravo l’esistenza fino a giugno, non è famoso, di più. Dalla stampa, infatti, viene introdotto in società come un fenomeno consolidato e non a caso il suo curriculum, per quanto deludente nella formazione si scopre però ricco di potenti amicizie. E così la carriera di Williams, quasi per caso, quasi per scherzo, decolla quando a soli 21 anni dopo aver progettato una giacca a LED per (quel) West, da suo tirapiedi, diventa suo socio. Da lì in poi il cerchio magico si espanderà conducendo il fortunato personaggio ad essere direttore artistico e costumista di Lady Gaga, star conosciuta, si dice, in un ristorante di sushi. Fonderà poi una sua etichetta e nel 2016 si farà notare dal gruppo LVMH partecipando al concorso per giovani stilisti. Cominciando ad orbitare intorno al potentato degli Arnault, collaborerà con Kim Jones (Dior), Nike e Moncler, tanto che a posteriori l’approdo a Givenchy appare un passaggio piuttosto ordinario.
La stampa considera Williams “designer di roba di culto”, poco importa poi se gli accoliti del culto facciano parte dell’eredità avuta grazie alle sue popolari amicizie.
Per chi come me non conoscesse la sua etichetta, 1017 ALYX 9SM* (sua data di nascita + nome figlia + boh ) si presenta come un marchio dall’estetica notturna tipicamente Slimane, con un’attitudine alla Philipp Plein levigata da pulsioni ascetiche di provenienza varia (Jil Sander, Phoebe Philo, Daniel Lee) Si segnalano “pezzi forti” come felpe cropped in grigio e nero.
Il nuovo corso di Givenchy
Il nuovo feed hypebeast Givenchy di Williams, se in tutta fretta sotterra blusa Bettina, le colazioni della Hepburn da Tiffany e i gatti della Keller, pur flirtando con il promiscuo percorso streetwear iniziato da Tisci, trasuda Bottega Veneta di Daniel Lee da ogni poro.
Givenchy è il Bottega Veneta di LVMH, peccato che di 2 ne basti uno.
Se è vero che Maison Givenchy negli ultimi 3 anni di Keller aveva goduto di prestigio e riconoscimento, era anche evidente che il brand non fosse più riuscito a piazzare sul mercato una borsa che andasse oltre la vecchia Antigona. E il beauty non basta a compensare le vendite perse di borse e occhiali. Repetita iuvant: si schiera Williams in Givenchy per contattare il pubblico più affamato di gadget e status symbol, proprio come avvenuto in Louis Vuitton Uomo con Abloh, ma rimane comunque azzardata l’idea di andare a insidiare quella fetta di mercato conquistata da Daniel Lee con Bottega Veneta pretendendo di parlare la stessa lingua, d’altronde: “la posterità non intreccia ghirlande per gli imitatori” (Friedrich Schiller).
Se analizziamo Alyx, la ditta di Williams, concluderemmo che i capi, anche se sartoriali, mantengono quell’essenza urbana che è in qualche modo provocatoria. Le sue prime collezioni sono un compendio di una traduzione contemporanea del punk – arnses, minigonne, borchie, pelle, stivali a coscia alta à la Dr. Martens e molto nero con il rosa.