Moda virtuale non solo per nerd, qui si rischia di fare sul serio
Cosa sono i NFT e perché se ne parla a proposito di moda virtuale?
NFT è l’acronimo di non-fungible token, si tratta di un certificato di proprietà di un’opera digitale.
In che senso opera digitale?
Nel senso che non esiste nella realtà, ma solo nel mondo virtuale. Non la puoi toccare, non la puoi appendere in casa, non la puoi esporre in piazza. Semplice no? Metti pure da parte la tua incredulità, perché ci sono già case d’aste che quotidianamente battono opere immateriali vendute a prezzi esorbitanti, ne fa da prodromo la vicenda di tal Mike Winkelmann ( Beeple ) artista digitale che un giorno si è visto addebitare sul conto 69,346,250 dollari grazie alla vendita del suo collage.
La moda sta studiando da molto vicino il successo di questo business
Proprio pochi giorni fa è stata battuta all’asta la prima opera digitale Gucci, tratta dal film “Gucci Aria”. Un cortometraggio creato per presentare la nuova collezione del brand in occasione del centenario dell’azienda (un tempo) italiana e che, in nome della più comica e commerciale riverenza verso questo fondamentale evento, è stato il risultato di un mix perverso con un altro brand della conglomerata Kering: Balenciaga.
Avevo profetizzato di come il videogame di Balenciaga, al di là della sua portata promozionale, potesse essere solo il primo timido indizio di una imminente apertura verso il mercato virtuale di abbigliamento e accessori di lusso e così sarà.
“I clienti di lusso hanno una vita digitale ora ed è naturale per loro voler portare i prodotti in queste vite […] “L’idea di acquistare una borsa di lusso e portarne una rappresentazione digitale in un videogioco o in un altro ambiente digitale non è troppo lontana”.*
Ian Rogers, chief experience officer della start-up di criptovalute francese Ledger e consulente di LVMH.
Si ricordi qualche breve esperimento, come il lancio delle sneakers di Gucci a 12 euro o la liason tra Burberry e Tencent, colosso cinese della comunicazione e del gaming.
Perplessità sui certificati di acquisto di beni di lusso digitali
La moda tradizionale, quindi, sta studiando seriamente il mondo della moda virtuale, tra cui già si possono segnalare realtà come DressX ma rimangono dei punti critici.
Tra le varie zone d’ombra di questo nuovo business c’è da definire l’effettiva sicurezza dei Nft, che più che su una tecnologia blockchain sembrano poggiare sulla fiducia intercorrente tra venditore e acquirente.
Inoltre, pur trattandosi di “virtuale”, il problema della sostenibilità e del dispendio energetico rimane. I sistemi come NFT, Crypto, Ethereum consumano energia elettrica in quantità spropositate.*
Infine, al di là del discorso moda, se dovessimo subire un attacco hacker globale, una carestia o un’ altra interferenza aliena distruttiva, che cosa ne sarebbe di tutti questi investimenti “antimaterici”?
Moda virtuale per vita irreale, sicure di volerla davvero?
Forse è già troppo tardi per dare l’allarme e si è già dentro il tunnel virtuale da un bel pezzo. Se le influencer di Instagram è da almeno 5 o 6 anni che dividono la loro fetta di mercato con robot sempre più umani, ogni giorno gli utenti di carne perdono qualche peculiarità terrestre.
A partire dalle sembianze (leggi dismorfia da selfie) passando per i ritmi di lavorativi e arrivando alla lingua di cui sarebbe più profittevole per tutti abbandonare per cominciare a parlare in linguaggi quali Html o Java, di umano rimane ben poco.
Moda virtuale per vita virtuale, in effetti, non fa una piega
La vita era già cambiata con la social disruption. Le cose sono andate più o meno così: si insinua un piccolo mutamento nella quotidianità con un’ app o due. Da passatempo per giovani, una futile abitudine diventa intrattenimento puro, anche per meno giovani. Spuntano altre app. L’editoria tradizionale va in crisi. App e nuovi media online cominciano a produrre flussi di contenuti no stop. Questi contenuti rimbalzano da un device all’altro, la narrazione di fatto non termina mai, ma si apre costantemente in nuovi link, nuove finestre, nuovi sviluppi (crossmedialità). I giovani e meno giovani diventano comunità, tribù e mentre il comportamento diviene un rituale, la dipendenza diventa definitiva.
E’ così che in un solo decennio il virtuale diviene il punto di partenza per progettare la vita reale
Vita reale che, economicamente parlando, dipende in tutto e per tutto da quella digitale. Non c’è mossa commerciale, finanziaria, politica o economica che non venga studiata in base al sentiment e ai dati raccolti PRIMA sui social, dopo sugli altri media e, se proprio si ha tempo da perdere, offline.
L’apparenza trionfa, l’intangibile dell’esistenza anche. “E’ come appare” recitava uno slogan pubblicitario anni fa, oggi, quello che conta è davvero la performance di un qualcosa che non si può toccare, in positivo, come in negativo. E’ così che i problemi si smaterializzano, si opacizzano diventando intangibili, non perseguibili, intoccabili insieme ai loro artefici, gli stessi che ne dovrebbero rispondere davanti alla popolazione. I nemici, i virus, le minacce esistono, ma più come immagine astratta, che come realtà concreta.
Tutto quello che resta è solo un’ immagine di una realtà che non ha più alcun ancoraggio con l’originale, con l’ autentico, con il vero. Originale, autentico, vero, di cui sono andate perdute le tracce e nemmeno interessa più andarle a cercare.
Non è curioso che in latino il vocabolo “imago” imaginis, da cui deriva oggi il termine “immagine” tra i molteplici significati abbia anche quello di fantasma, spettro, oltre che immagine illusoria, allucinazione?
Non è, di certo, casuale che in un mondo determinato dall’immagine si finisca per peregrinare senza sosta e senza meta, come i fantasmi, che impotenti, vagano nel presente condannati ad un’esistenza solitaria e invisibile.
Fantasmi, ma ben vestiti, grazie alla moda virtuale.
*https://www.businessoffashion.com/articles/technology/what-the-nft-gold-rush-means-for-fashion
*https://www.artrights.me/crypto-art-nft-e-impatto-ambientale/
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