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Società

Perché il successo di Lucio Corsi a Sanremo? Uno strano caso umano, molto umano

Il successo di Lucio Corsi a Sanremo ha attirato la mia attenzione sull’evento canoro più ripetitivo e stanco della storia della tv. Lo strano caso di Lucio Corsi e della sua ribalta mediatica forse durerà il tempo di una sigla dei cartoni animati suonata un giorno in una galassia lontana lontana, ma qui vorrei solo riflettere sul suo positivo riscontro in questo odioso momento storico.

Il successo di Lucio Corsi, ma chi è?

Non so chi sia, ma da quello che ho visto e sentito è un artista musicale nel senso più genuino e desueto del termine. Quello che mi preme dire su Lucio Corsi riguarda il suo personaggio.

Lucio Corsi in diretta nazionale sul palco di Sanremo rivaluta il concetto di caso umano, e lo ringrazio, perché grazie a lui anche noi massa di “casi” (a caso), riscopriamo quanto poco, ma necessario ci sia rimasto di umano in questa landa di desolazione mascherata da intrattenimento e tecnologia antiumana, ma soprattutto troviamo confortante quanto sia benefico venire allo scoperto, perché Lucio Corsi lo siamo un po’ tutti e vorremmo dirlo senza problemi e paranoie.

Lucio Corsi, quello che non ti aspetti da un 30enne

Lucio Corsi è un caso umano, perché fuori dai canoni ( e dai cannoni). E’ niente di più di menestrello sottile, che con la stessa leggiadria di un origami canta la fragilità e la debolezza, ma non la resa. Canta nell’incertezza, ma brandisce il suo talento e tiene fede alla sua vocazione con la fierezza di un templare. Scrive, suona (quello che gli capita) e canta la sua vita, che è anche la nostra, ma non è conveniente sbandierare. Lucio Corsi a Sanremo dice all’Italia che quello che si vuole si può fare, ma potrebbe anche non essere praticabile.

Lucio Corsi smonta il mito del successo dei vari nessuno ( che ancora non sanno di esserlo)

e ha l’arditezza di essere quello che è: un totale sconosciuto che vive di musica nel senso più autentico e nostalgico del termine.

Proprio ieri riflettevo sul velenoso imperativo a cui noi mezzi giovani o giovanissimi siamo stati piegati e plagiati fino ad ammalarci: l’imperativo della dimostrazione. Di-Mostrare, ovvero, sfoggiare a tutti (conosciuti e non) e soprattutto a se stessi quanto si vale e quanto si può essere migliori di altri e del nostro io di ieri. Siamo abituati a vivere al riparo, dietro i nostri dispositivi che ci schermano (non a caso si chiamano schermi quelli che usiamo per l’80% della giornata) dalla cruda realtà, dalla nostra intimità, dalla nostra emotività, quella che conosciamo bene, ma nascondiamo nelle nostre viscere.

Il tempo contemporaneo fagocita la storia e azzera il calendario dell’esperienza proiettando ogni individuo sempre fuori e in un futuro minaccioso reso tale dalle (finte) mancanze del singolo. Mancanze che si tramutano inevitabilmente in sensi di colpa, inadeguatezza e reiterato disagio.

Mostrare-di farcela in ogni caso e a tutti i costi per esibire il benessere ottenuto è la nuova norma glamour mediata dai social network, ma di quanto sia nociva e falsa questa assuefazione non se ne parlerà mai abbastanza. Il fatto è che non si sarà mai al sicuro in una società ipocrita, ridanciana e blasfema che senza vergogna sfrutta, affama, ammala, tradisce e dimentica. Ben vengano allora i casi molto umani alla Lucio Corsi. Casi umani senza filtro filler e sapone, senza sangue freddo e fama galattica, casi umani con memoria accesa e coraggio di essere quello che si sa fare, per davvero.

Il fenomeno Lucio Corsi forse oggi è già caduto nell’oblio, ma per un attimo mi ha interessata e confortata.

Immagine in copertina via RivistaStudio.com

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