Consumi di moda 2016: meglio senza logo, omg!
Consumi di moda 2016: che cosa sta succedendo? Chissà se, dopo tutto questo temporeggiare, Chanel farà in tempo a bearsi di quel clamoroso successo di vendite (tanto isperato), originato dall’apertura del suo e-commerce. Si diceva che entro il 2016 il marchio avrebbe schiuso le sue mura d’oro massiccio al popolo, ma poi? Poi niente, per ora. Eppure, tutto intorno il mondo si muove a ritmi convulsi.
Tra le azioni messe in atto recentemente dalle “Star del lusso” ricorderei che Hermès è alla disperata ricerca di nuovi clienti e per farlo ha puntato su una boutique con prodotti entry level nel flagship store Nordstrom di Seattle*. Una boutique-parco-giochi ” instagrammabile”, giusto per rompere il ghiaccio tra lusso e volgo. Che dire di Dior? Ha rifiutato Amazon, ma da agosto vende su WeChat per accaparrarsi i digital-lover Cinesi, mentre Dolce e Gabbana adottano la baby gang di influencer stranieri (comparsi in prima fila durante la sfilata di settembre) eleggendoli ufficialmente a mascotte “vincente” del marchio e teletrasportandoli a Capri per la nuova campagna estiva. E tutto questo accade sulle note del macabro Requiem, perché sembra che il Futuro possa fare ampiamente a meno di tutte queste trovate, semplicemente perché lo Shopping Futuro potrebbe snobbare i capi e gli accessori griffati.
Consumi di moda 2016: il lusso? Non è una priorità
I Millennial possono fare a meno dei marchi di lusso. Che è ben diverso dal rinunciare al lusso. Le ricerche condotte in America, infatti, riportano che uno schiacciante 64% dei giovani benestanti preferisce investire il proprio denaro in qualità della vita, viaggi e benessere*.
E non è solo colpa di Instagram che ci persuade all’idea che tutto l’anno si possa (o si debba) essere in vacanza -così pare dispiegarsi la faticosa esistenza di molti-, perché altre indagini sul medesimo segmento di popolazione descrivono un serio “snobismo” nei confronti degli accessori firmati.
Una ricerca svolta da Npd Group sul mercato americano ha rilevato che un terzo delle borse acquistate negli Stati Uniti durante gli ultimi dodici mesi non presenta un logo visibile.*
Se durante il capitalismo maturo l’individuo si serviva dei prodotti per determinarsi all’interno di una struttura sociale fluida, oggi, la tendenza è opposta: è il soggetto a determinare l’importanza o meno di una moda, di uno stile o di un marchio. L’individuo diventa un catalizzatore di significati, non il contrario. Ogni individuo è ambasciatore del brand nei confronti della comunità, una comunità che si fida delle sue scelte e che le valuta in termini di coerenza con le proprie aspettative. Questo significa che i simboli sono trasmessi dal Soggetto all’Oggetto, non il contrario.
A chi interessa il logo se il brand sei tu?
Oggi l’individualità esiste indipendentemente dalla firma, non c’è bisogno di “certificare” la propria credibilità mandando avanti un marchio di lusso come araldo. E’ finito il tempo in cui il marchio faceva l’uomo. Saranno stati i social, sarà stato il web, sarà stata la conoscenza, sarà stata la crisi e sarà anche stata la ciclicità dell’economia e della storia, ma oggi siamo più consapevoli. Più critici, più informati, più responsabili.
La genesi del consumatore critico
“Per consumo critico, o consapevole (in opposizione ideale al consumo compulsivo), si intende la pratica di organizzare le proprie abitudini di acquisto e di consumo in modo da accordare la propria preferenza ai prodotti che posseggono determinati requisiti di qualità differenti da quelli comunemente riconosciuti dal consumatore medio” (fonte Wikipedia).
Le leggi del consumo: il marketing “spirituale”, dall’ “estetica all’etica del consumo”. Il consumatore contemporaneo non è più(solo) un bamboccione sprovveduto e superficiale, ovvero, il consumo edonistico si sta sempre più impregnando di valori etici. Il tipico piacere per l’ostentazione è stato superato da fattori eticamente e politicamente corretti.
Dalla visibilità alla credibilità del marchio.
Che tu sia brand di te stesso, che tu faccia prodotti di lusso, che tu venda fiori o gelati, oltre a raccontare belle storie, dovrai dimostrare di poterle realizzare
“negli ultimi anni, le definizioni che hanno orientato il nostro immaginario collettivo, ma anche quello globale, derivano tutte da questo secondo mondo valoriale: onestà, eccellenza, sostenibilità, ma anche talento, gusto, buon vivere, più che semplicemente bella vita“.*
E’ un processo in divenire, ma già percepibile. La domanda però rimane: quanto ci metteranno i marchi di lusso a capire con chi hanno a che fare?
Editoriale:
Coat+dress+top: Zara
*http://www.racked.com/2016/10/18/13310156/hermes-nordstrom-accessible
*http://www.pambianconews.com/2016/10/18/millennials-americane-stanche-dei-logo-202917/
*http://www.pambianconews.com/2016/10/10/millennial-usa-meglio-un-viaggio-che-un-prodotto-di-lusso-202488/
Bello questo sporty chic!
Un bacione,
Mary
Fashion secrets of a pretty girl
FACEBOOK – INSTAGRAM – TWITTER – LOOKBOOK
Illuminante !!!!…(come al solito)
Mi piace questo look con i vari contrasti di stile. Kiss
Ora sul mio blog http://www.littlefairyfashion.com “Orsetti e paillettes…..ed è subito allegria!”
Sei sempre fonte di ispirazione, questo look ricco di sovrapposizioni mi strapiace.
Un bacione! F.
La Civetta Stilosa
Esattamente.
Instagram non ha solo modificato le regole della comunicazione, ma anche i parametri di tutti noi.
E chicchissimo, il tuo shooting “grigio e rosa”
I tuoi post fanno sempre riflettere! E le tue foto sempre da copertina!
http://www.glitterchampagne.com
Verissimo: ci si fida delle persone e non del marchio. Se tu usi un determinato oggetto ed io mi fido di te, molto probabilmente acquisterò quell’oggetto. Il caro e vecchio consiglio dell’amico è diventato “digital” ma vale sempre!
Carino il cappottino!
Un bacio Eli, a presto
Ale
L’angolino di Ale
il logo è la persona, per questo dovremmo sceglierle con cura. Abito e cappotto sono meravigliosi.
xxx
mari
http://www.ilovegreeninspiration.com