Haute Couture 2017: i grandi della moda
Haute Couture 2017: un appuntamento che s’intrufola con estremo riserbo nella nostra rumorosa normalità. Infatti, mentre noi ci danniamo, ci arrabbiamo, fatichiamo e poi, finalmente, andiamo a dormire, a Parigi, il bel mondo si incontra per saziare i propri vizi tra bollicine e ordinazioni milionarie. Sì, il lusso più estremo è sempre là, inscalfibile e inviolabile sul tetto del mondo, insieme agli dei. Perché là, nei salotti e nei palazzi dell’aristocrazia Parigina si siedono, ogni anno, due volte all’anno, solo quelli che contano.
Haute Couture 2017: cosa penso
Più gli anni passano, più il filo del palloncino che tiene legati ai comuni mortali questi “sogni proibiti” si srotola verso lo spazio. L’Haute Couture è sempre stata una visione lontana dal mondo reale, ma oggi questa distanza sembra non essere più giustificata dalla sua originaria natura “sognante”. Oggi, con il cordoncino ancora legato al polso, mentre guardo l’ennesima parata di opulenza, si fa sempre più largo un dubbio sconcertante: il dubbio che quello che credevo “sogno”, non lo sia.
Se l’ho sempre desiderato fino a ieri, non è detto che lo voglia anche domani.
Il sogno perso di vista
Il marketing ha ridotto la naturale poetica della bellezza a sintesi chimica. Sintesi chimica di due componenti: spettacolarità e visibilità.
Ho la sensazione che il lusso e in particolare il super lusso (Haute Couture) sia diventato una questione troppo “grezza” (leggi cafona) e sbrigativa. Sappiamo, infatti, che il lusso è lusso in quanto tale (d’altronde è sempre stato così). Ma se fino a ieri queste dimostrazioni di potere e prestigio assicuravano un ritorno d’immagine non indifferente alle Maison, oggi, non sono sicura che queste collezioni-spettacolo possano giovare realmente alle vendite di prodotti beauty e accessori.
Sarà che abbiamo già visto tanto, forse troppo, sarà che il clima di insicurezza galoppante non si concilia con il lusso sfrenato e sarà anche colpa di una creatività in via d’esaurimento degli stilisti, ma questi defilé, arroganti nel loro vistoso spreco, non sortiscono un effetto di desiderabilità particolarmente incontrollato. Questo vale soprattutto per Chanel e per Giambattista Valli che dietro lo sfarzo e l’abbondanza di dettagli e volumi, nascondono (nemmeno poi così tanto bene) una deriva stilistica che sbiadisce qualsiasi tipo di affezione al marchio. Altro discorso per Maison Dior e Maria Grazia Chiuri, che mostrandosi riconoscente e debitrice nei confronti dell’heritage Dior, tratteggia una narrazione totalizzante e animistica: surreale e moderna.
immagini via businessoffashion.com
eh sì mi trovi proprio d’accordo. Purtroppo il distacco sta diventando non solo generazionale, ma direi proprio epocale. Non ha senso continuare a produrre un tale spreco. Vediamo se domani Valentino sceglie la stessa strada della sua ex socia.
xxx
mari
http://www.ilovegreeninspiration.com
come darti torto, sembra finito l’incanto
Mrs NoOne
Come darti torto…..kiss
Nuovo post “Elisabetta Franchi – La mia bambina” ora sul mio blog http://www.littlefairyfashion.com
Forse hai ragioni Elisa, ma abbiamo visto tantissimi documentari sulla moda, specialmente sulle sfilate HC, quello che vediamo potrebbere essere certamente quello che esprimi, ma dietro a questa ostentata opulenza o pseudo tale, c’è il lavoro di donne che giorno e notte, senza sosta cuciono a mano questi capolavori o presunti tali, in un modo magistrale senza nessun riconoscimento.
Non so perchè ma quando arrivano le sfilate, non guardo più il brand o la Cara di turno che sfila ma l’incredibile artigianalità del lavoro umano che supera ogni cosa.
Ammettiamo che però sognanti noi lo rimaniamo..
http://nerose-accessories.blogspot.it/
Barbara e Michela