Farfetch cos’è? Il marketplace di lusso che fece sparire Style.com

Farfetch cos’è? L’e-commerce che spazzò via Style.com. Nel bel mezzo di un afoso giorno di metà giugno, Farfetch il marketplace inglese che riunisce più di 700 boutique e altrettanti marchi di lusso fagocitò Style.com.

Il chairman e chief executive di Condé Nast International l’ha chiamata partnership, anche se il dubbio sul chi comanda cosa, è rimasto, dato che non sono trapelati né i termini, né i dettagli su questa “evoluzione profittevole”.

Farfetch cos’è? Il perfetto giornale da cui fare acquisti

Style.com è stato chiuso a un solo anno dal suo rilancio. E così, mentre il destino dei 75 dipendenti impiegati nella piattaforma è passata sotto silenzio, la difficoltà in cui Condé Nast si sta barcamenando è diventata clamorosa. Così clamorosa, che il Business of Fashion è arrivato persino a ipotizzarne la vendita da parte della proprietà.

Condé Nast is a family-run business owned by the descendants of S.I. Newhouse Sr, who have a clear incentive to maintain their fortunes rather than watch their most valuable assets depreciate*

La realtà, è che quelli di Condé Nast non ci “acchiappano” un gran che con il digitale,

infatti, le entrate pubblicitarie che reggono l’impero derivano dalla stampa. Ma se la stampa perde di valore, non ce n’è più per nessuno.

E la stampa è sempre più fuori sincrono rispetto ai bisogni e i comportamenti dei consumatori

Se fino ad oggi il settore del lusso era stato solo in minima parte interessato agli investimenti nella native adv e nell’influencer marketing (poiché da sempre orientato nel prediligere strategie pubblicitarie tradizionali), il futuro potrebbe essere completamente diverso.

Più i consumatori prolungano il tempo speso sui media digitali, più gli inserzionisti aumentano i loro budget pubblicitari per questi canali.

L‘immediatezza dei social e l‘autenticità/spontaneità dei blog hanno invecchiato, quando non cancellato, intere redazioni. Per i marchi di lusso affidarsi alla pubblicità su stampa è sempre stato un passaggio obbligatorio, un passaggio che oggi rischia di farsi “vezzo” e in quanto tale, assolutamente non indispensabile.

Le testate più importanti sono sempre state  simbolo di esclusività, prestigio e potere, un’esclusività, un prestigio e un potere derivati anche, se non soprattutto, dal loro patrimonio storico. 

Oggi viviamo in una valle senza tempo dove sono le novità a scandire i passaggi dal prima al dopo, pertanto, la domanda è : a chi potrebbe mai importare della storia di un giornale e delle penne che lo resero grande?

Postare. Vedere. Comprare. E poi: comprare. Vedere. Postare. Senza capire. Senza conoscere.

Questo è l‘ ultimo capitolo del consumismo: il capitolo in cui esso consuma i suoi stessi artefici. Oggi i giornali, domani gli influencer e poi chissà , forse se stesso.

A livello globale, l’industria del lusso ha speso oltre $ 1 miliardo sugli annunci digitali nel 2016, un aumento del 63% dal 2013, mentre la spesa per riviste è diminuito dell’8% rispetto allo stesso periodo* 

fonte uk.businessinsider.com