Moda streetwear 2019. Nuntio Vobis gaudium magnum: lo streetwear è ufficialmente morto
Rimane da chiedersi cosa ne sarà di Louis Vuitton (uomo) consegnato, a questo punto troppo precipitosamente, nelle mani di Virgil Abloh, lo stesso Abloh che continua a fare quello che sa fare, ovvero, oltre al rumore poco e niente. Il suo “Bagaglino” spruzzato di cocotte modello Victoria’s Secrets evapora senza lasciare traccia come un deodorante per ascelle.
La moda che ti piacerebbe vestire è qui per rimanere
Questa ondata di Fashion Week ha sancito con compattezza un ritorno alla moda indossabile. Più che fare filosofia l’industria vuole vendere e per vendere, il sistema necessita di credibilità. Credibilità e desiderabilità per poter corteggiare un uditorio che possibilmente non si esaurisca in un’orgia di adolescenti problematici. Non solo musica, scenografie e shock visivi, il tempo degli show-contenitori per Insta-fanatici non basta più.
Via le sneakers, tornano it-bag e capispalla
Il delirio da sneakers che aveva prosperato sotto il regime dello streetwear traviando il look femminile è terminato e con esso si ricomincia a creare abbigliamento ben fatto.
Alcuni parlano di ritorno all’eleganza, altri di maturazione, altri ancora di glamour e speranza, una cosa è certa, le donne hanno voglia di ispirazione, funzionalità e bei vestiti, senza troppi giri di parole.
Focus sull’abbigliamento
“Un artista è un artista, è una professione diversa. Non penso che la moda sia un’arte. Il punto chiave del nostro lavoro è che, alla fine, creiamo il prodotto“.
Miuccia Prada
Abbandonate le ambizioni artistiche e politiche, le provocazioni o i funambolici show, si riparte da passerelle e abiti, che anche se può sembrare riduttivo e banale, non hanno paura di mostrare “bellezza” e cautela. Senza trucco e senza inganno il défilé si fa altare dove si celebra una liturgia ossessiva e martellante. Perdono così di efficacia i propositi “Femen” della Chiuri, che arrivati al terzo anno consecutivo si sviliscono in cliché soffocati da un diluvio di plaid.
“Sono stanco di pensare al destino e al declino“. Rick Owens
Persino gli irriducibili dell’anti-moda (Galliano/Margiela e Owens), probabilmente sottoposti a pesanti trattamenti di clonidina, sembrano aver sedato nervi e bile nera addomesticando le convulsioni sperimentali in giacche sartoriali intimidatorie ma piacevoli.
Slimane provaci ancora, dai
Incomprensibile e contraddittorio Celine. Dopo aver fatto il pieno di impopolarità con un debutto autoreferenziale, Slimane decide bene di darci dentro con il bianchetto per coprire e far dimenticare la sua falsa partenza. La tossicità acerba dei suoi notturni figurini censurata e seppellita chissà dove è solo un brutto ricordo, eppure, quando ti impongono di creare cose che non senti, si vede. Eccovi il lato buono della moda, ovvero Celine, ma potrebbe anche essere Pepe Jeans o Pinko (esiste ancora?) Un casual Parigino facile facile, fatto di caffetterie, tiepidi meriggi e maglioncini bon ton.
Ottime le proposte di Vaccarello e Rousteing
I giovani designer sublimano il power suit anni ’80 in spigolose e scenografiche silhouette. Senza nostalgia per il passato, ma con disinvoltura e un pizzico di arroganza, la loro idea di femminile è PULP, tattile e sensazionale. La rappresentazione della donna viene così bonificata dalla paura e si proietta potente e fiera nel tempo presente.
Dovrebbe far riflettere che, tolta la poesia di Dries Van Noten, le migliori collezioni invernali arrivino dalle nuove leve di designer, pure Jacquemus, infatti, lasciata da parte la “moda mare” si lancia in ariose soluzioni e capispalla dall’aspetto couture molto raffinati. Per Tim Blanks Lemaire è così tanto “wearable” da risultare noioso. Per quanto mi riguarda, credo che la noia subentri con l’abitudine e arrivando da anni cupi di moda grezza e sfigurata, vorrei darmi ancora un po’ di tempo.
immagini via Businessoffashion.com
Comments