La moda del 2020: come farsi ascoltare anche se il mondo brucia
Anche se il mondo brucia, anche se gli abiti sono alla frutta (sostenibilmente parlando), anche se “la Brexit”, anche se il “Coronavirus”, anche se le cavallette e anche se Prada e Moncler potrebbero essere acquisiti da Kering, si dice che le Settimane della Moda partiranno.
Nonostante le piaghe che si sono abbattute sul pianeta, quindi, il carrozzone della moda riparte con le collezioni autunno inverno 2020.
Anche se. Già, anche se:
- la fashion week di New York non è a New York, date le defezioni o le scelte di sfilare altrove di personaggi come Tom Ford, nientepopodimeno che presidente del Cfda-Council of fashion designers of America;
- anche se l’appuntamento di Londra è ormai un avvenimento per “pochi affezionati”, più che pochi selezionati;
- e anche se a Milano “la parte più grassa del maiale”, ovvero, tutti i buyer Cinesi se ne staranno confinati a casa propria e vedranno gli show in streaming. Assenti anche 3 designer Orientali abitué della kermesse.
E così, mentre le vetrine di Dolce & Gabbana in centro sono ancora inutilmente addobbate come a Natale per celebrare il Capodanno degli amici Cinesi con tanto di auguri scritti in lingua appiccicati in vetrina, il timore di non sbarcare il lunario serpeggia virulento tra le afflitte vie del Quadrilatero della moda.
Ricordiamo che al giorno d’oggi un bel 40% dei beni di lusso mondiali è comprata proprio dagli amici Cinesi e, come sottolinea Mario Boselli:
“il problema non finisce con le mancate vendite ai cinesi in Cina, ma continua con i mancati acquisti dei cinesi in Italia ” e all’estero, ovviamente.
I Cinesi, infatti, effettuano il 76% delle transazioni del settore all’estero, ergo, se non viaggiano, non comprano.
Moda 2020: LA MODA DEI SOSPIRI
Persuadere all’acquisto di beni superflui e costosi un mondo minacciato su più fianchi dalla crisi, dalla morte e dall’apocalisse sarà una sfida con cui i protagonisti della moda dovranno misurarsi cercando di fare ancora più leva sui quei valori e quelle tematiche più vicine al sentiment delle comunità globali.
Ma anche questo non è detto che funzioni.
Se i consumatori globali dai brand si aspettano coerenza e attivismo reale, sia questo di tipo politico, sociale o ambientale, dall’altra parte il pericolo di essere colti in fallo ed essere giustiziati sulla piazza virtuale diventa sempre più concreto. E’ in questo clima di tensione generale che apprendiamo che le denunce pubbliche dei consumatori offesi dai marchi avranno ripercussioni dirette e rigidissime sulle aziende. A New York, la Commissione per i diritti umani, ad esempio, è un organo a cui tutti i cittadini possono appellarsi per far rivalere i propri diritti, in caso di villipendio. Questa sorta di Gestapo sta già operando per scongiurare il ripetersi di spiacevoli incidenti razzisti come quelli che coinvolsero Gucci, Prada e Dior rei di aver urtato la sensibilità delle comunità afroamericane . E’ proprio di pochi giorni fa la formalizzazione dell’accordo con Prada che imporrebbe al brand una formazione aziendale sull’equità razziale e una costante sorveglianza sulle varie attività anche a livello dirigenziale. Della serie: hai voluto la globalizzazione? E adesso pedala.
Parlare a tutti, non è per tutti.
immagini via pinterest.com
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