La moda post-Covid19 Il pericolo dell’indifferenza alla moda
In una vita scandita da fasi, in che fase sta la moda?
Questo lungo sogno da anestesia che è stato ed è ancora il Covid-19 ha avuto l’effetto di allontanare le persone dai loro inossidabili sistemi operativi centrali basati su di una flemmatica ripetizione pseudo-dormiente di pensieri e azioni. Niente e nessuno sembrava poter minacciare l’interruzione di quel vacuo modus vivendi modello Netflix, contraddistinto da una confortevole, nonché limitata e limitante percezione della vita prima del panico causato dall’emergenza sanitaria.
Oggi, mentre si attraversa la fase post-traumatica della saltata “programmazione” e si rincorrono bonus statali da fame o prestiti che non si potranno restituire, ecco che tutta quella storiella sulle wishlist di vestitini e borsette si inabissa nella più grave indifferenza.
Se in Cina i marchi di lusso tentano il tutto per tutto, persino le televendite su WeChat, in Occidente la faccenda assume tratti sempre più oscuri e la cautela riguardo una possibile ripresa è d’obbligo.
Lo sconvolgimento degli stili di vita è in atto, la domanda da farsi, quindi, è solo una: quanto può interessare la moda in tempi così complessi?
Smantellate città e calendari da eventi e sfilate, la moda internazionale rischia di precipitare nell’incomunicabilità, ovvero, in un’ipotermia da desiderio virulenta dovuta alla minaccia di un raffreddamento della popolazione ai suoi richiami.
Proprio in questi giorni Instagram, in un gesto prometeico, si è già candidato ad essere il supporto ufficiale di quelle che saranno le prossime “fashion week”internazionali.
Il destino del settore si affida completamente ai Social Network e agli e-commerce erodendo così ulteriormente lo scintillio sacrale di un’ aura ormai ossidata dalla speculazione e dal marketing selvaggio. Gli appuntamenti di giugno, intanto, saranno distribuiti su piattaforme online ancora in via di definizione, ma per quanto tempo ancora la moda potrà sopravvivere a questa progressiva smaterializzazione?
La coalizione dei creativi
E’ in questo clima di tensione che i creativi delle case di moda emotivamente provati dall’isolamento e dall’impossibilità di lavorare hanno raccolto la “chiamata alle armi” di un Giorgio Armani livoroso e stremato da anni di ossequiosa accondiscendenza verso un’insensata e insana concezione di moda veloce consumata dalle leggi assolutistiche del mercato.
Dries Van Noten*, Altuzarra, Erdem e molti altri hanno firmato una lettera aperta al mondo della moda dichiarando di volersi impegnare già dal prossimo settembre nell’impostare il proprio lavoro in modo radicalmente diverso e più umano. Saint Laurent, intanto, ha reso noto di aver abbandonato il calendario con il proposito di voler assecondare i ritmi creativi del suo direttore.
Le voci sono diverse ma lo slancio e le volontà sono le medesime: riconquistare valore e prestigio a partire dalla riappropriazione del tempo e da una rivisitazione dell’intero sistema produttivo, distributivo e comunicativo.
Il parallelismo con Jean Baudrillard: l’arte non appartiene a questo mondo
Jean Baudrillard non è paradossale affatto quando in proposito all’ammorbante profusione di immagini ed estetiche tipica della nostra società evidenzia una definitiva scomparsa di qualsiasi prodotto creativo artistico.
La scomparsa dell’arte o l’oltre l’arte sono già qui.
Non ci sono più paradigmi, si è andati oltre, appunto. Oltre il bene e il male, oltre il bello e il brutto, sconfinando nel “più bello del bello” e nel “più brutto del brutto”, dove ciò che appare, altrettanto rapidamente scompare trascinato via da un flusso molesto e sfibrante di insensatezze.
Si vede troppo finendo con il non vedere più nulla.
La riflessione di Baudrillard sulle immagini potrebbe essere tranquillamente trasposta alla sovrabbondanza di moda contemporanea intesa come moda lussuosa, notoriamente esclusiva e manifestamente mediocre nelle intenzioni.
Addio a pre-collezioni, cruise, drop, limited edition: la moda tornerà a farsi desiderare
E’ proprio l’ossessione da look incentivato dai social visivi e dalle pressioni di vendita ad aver distrutto la moda intesa come elaborazione artistica e desiderio. La differenza tra “look” e moda sta proprio nel fatto che il primo esiste solo per essere visto, mentre la seconda per essere indossata. Troppa produzione, troppa esposizione, troppa visibilità hanno vampirizzato la moda, cancellandola. Tutte le speranze riguardo una sua rinascita, ora, sono riposte nella nuova coalizione dei creativi. Si resta in attesa di nuovi desideri e meno merci, augurandosi che non sia già troppo tardi.
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