Highsnobiety magazine fondato nel 2005 dallo svizzero David Fischer si propone di aggregare una comunità di personaggi troppo fichi per rimanere al passo con i tempi, loro li precedono i tempi. Il tipo target di Highsnobiety è un personaggio che vede le tendenze prima che siano tali, perché si fida ciecamente del “drop” continuo di contenuti commerciali cuciti maldestramente insieme a qualche chicca sulla vita privata di Ye (K. West) e compagnia cantante dal team editoriale. E il team sa che il suo lettore tipo farà di tutto per rimanere all’altezza dei sopraccitati beniamini.
Hisnobiety shop, intendiamoci, non c’è niente di strano a vendere cose, ma non facciamo troppo gli snob
Highsnobiety magazine assomiglia più a un e-commerce, ma non perché non si dice? Ci sono e-commerce multimarca che hanno pagine editoriali molto più fresche e accattivanti di tanti periodici blasonati, si pensi a Net-a-porter. C’era Daniel Lee che quando era a capo di Bottega Veneta con le sue Issue by Bottega aveva lanciato un concetto di magazine digitale interattivo e concettuale di grande appeal estetico e artistico che accresceva l’attesa e l’attenzione intorno al nome del marchio, in barba a tutti coloro che avevano letto il suo blackout dai socials media come una condanna a morte. Anche Dior nel 2012 aveva aperto il suo magazine online, idea poi evidentemente lasciata andare alla deriva nella sezione blog del sito madre.
Highsnobiety e-shop di streetwear che di anticonformista non ha niente
Se visiti il sito Highsnobiety ti trovi travolta da un diluvio di proposte commerciali sotto mentite spoglie seguite da altrettante proposte commerciali che non hanno interesse a camuffarsi da altre cose. Il nodo cruciale è la relazione tra magazine e fruitore, perché tutto ruota intorno al patto tra team editoriale e lettore. Quest’ultimo infatti ci appare investito del ruolo del “prescelto”. A questo eletto che accede alla “conoscenza” prima degli altri, grazie alle divinazioni trascritte sui vari post dagli editor, viene affidata una missione cruciale: diventare un personaggio influente, un vero e proprio messaggero di cultura giovanile in quella che pare a tutti gli effetti una pozzanghera senza fine di brutte cose vendute molto care.
Highsnobiety magazine online (e cartaceo), e-shop, da qualche giorno è ufficialmente diventato una costola di Zalando
Da qualche tempo si mormorava della vendita, ma solo qualche giorno fa il colosso tedesco Zalando ha rilevato la maggioranza di Highsnobiety, ma si tiene a precisare che il magazine conserverà la sua indipendenza portando avanti il suo progetto originario. Da intendersi: progetto originario di indottrinamento consumistico per giovanotti che nella vita hanno deciso che vogliono fare la differenza. Fare la differenza con felpe e scarpotte dai prezzi fuori misura su Instagram e Tik Tok, ovviamente.
Dallo straziante diario di bordo dei gruppi editoriali sopravvissuti nello spazio mediatico odierno, oltre alla faccenda di Highsnobiety si apprende che i pezzi da 90 del mercato si stanno pappando uno per uno quel che resta del giornalismo di moda. Anche il Business of Fashion santuario dell’approfondimento critico guidato dall’intoccabile, quanto ambiguo Imran Amed è stato soggetto all’infamia. Se non ne fossi al corrente sappi che il suo antico voto all’imparzialità, oggi, è piuttosto paradossale dato che tra gli azionisti della testata figurano: Lvmh e Felix Capital e Index Ventures, entrambi strettamente legati a Farfetch.
Highsnobiety sneakers, rap e trash, come manca la moda
La prima rivista femminile di moda che apparve in Europa fu “Cabinet des modes”, era il 15 novembre 1785 e sopravvisse alla Rivoluzione Francese e al periodo del Terrore. Certo, la moda era già diventata un fatto commerciale in cui erano le novità ad avere la meglio, ma nelle pubblicazioni non mancavano mai notizie argomenti morali e filosofici, informazioni relative al teatro, al mondo delle lettere, della musica e della politica. Ma senza scavare nei fossati dei secoli, abbiamo ancora fresca memoria dei preziosi, dotti e carezzevolmente spietati scritti letterari di Maria Vittoria Rossi per la Settimana Incom Illustrata, come dei vivaci ed affilati pezzi di Camilla Cederna, opere senza tempo che ci restituiscono la vita attraverso la moda degli anni della metà del Novecento e della ripresa economica Italiana.
Certo, quella vita, oggi, non esiste più, ma anche la moda non esiste più, infatti, non è un caso che il giornalismo -di moda- sia scomparso da tempo. Quando non c’è più niente di rilevante, nulla è degno di essere scritto, tantomeno di essere ricordato.E poi, in quest’epoca non siamo stati programmati per avere memoria, nemmeno memoria di noi stessi, ma credo sia molto meglio così, in molti non reggerebbero il peso insostenibile di ricordare la loro miseria. D’altra parte sono certa che i piccoli snob “pervestiti” (cit. C.Cederna) allevati con i drop di Highsnobiety magazine non avranno nulla di cui rammaricarsi.
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