Re-commerce che cosa significa? Lo chiamiamo re-commerce, ma senza continuare ad usare anglicismi che non hanno niente di snobistico, possiamo dire che si tratta della compravendita di oggetti usati, mediata da società specializzate, in rete o su applicazioni digitali.
Secondo i dati del sondaggio recentemente riportato da TechCrunch, circa l’82% dei consumatori a livello globale vende e/o acquista prodotti second hand. La maggior parte degli acquisti avviene tramite marketplace di re-commerce online (61%). Sono ben 27 i minuti quotidiani che le persone trascorrono su queste piattaforme, poco meno del tempo che si trascorre su social (circa 30 minuti al giorno).
Ma perché tutto questo successo?
Ecco quali sono i motivi che spingono le persone a comprare usato
Se, nonostante le ottime intenzioni, le piattaforme di affitto di abbigliamento e accessori hanno capitolato nel giro di qualche anno, a fronte di una progressiva desertificazione delle boutique (ne chiudono almeno 2 ogni ora, OGNI giorno), le piattaforme di re-commerce diventano la meta prediletta di quella fetta di popolazione cresciuta fantasticando sulla replicabilità dell’erotica storia d’amore tra Sarah Jessica Parker e le sue Manolo Blahnik, ma poi invecchiata con le repliche di Manolo trovate da Zara. Troppo fiere per cedere a Shein, troppo povere per imbarcarsi in qualche spesa folle (bolletta elettrica a parte), alle nostre amiche Millennial non resta che tentare la carta dell’usato (me compresa).
La caccia all’affare determina ancora il lungo successo del re-commerce
La prevedibile stretta sui consumi dovuta alla contrazione del potere di acquisto di cittadini alle prese con un caro vita degno di un colpo di stato è una realtà, pertanto, gli acquisti di superfluo calano e si cercano soluzioni meno oltraggiose del sopraccitato Shein.
Anche per la Generazione Z il re-commerce risulta un valido approdo in un clima di ristrettezza economica come quello attuale, inoltre, molti utenti hanno trovato nel sistema di rivendita un ottimo escamotage per recuperare le spese e, per qualcuno, rispettivamente, Gen Z (13%) e Millennial (19%), il re-commerce è diventato una fonte di reddito primaria o secondaria (30% per entrambi).
La ricerca di stili di consumo più sostenibili è la seconda motivazione che spinge il re-commerce
Altra motivazione, più nobile ,ma secondaria, è rappresentata dalla ricerca di stili di consumo più sostenibili. Come sappiamo, solo nel settore dell’abbigliamento ogni anno vengono scartati o distrutti prodotti invenduti o in eccesso per un valore complessivo di miliardi di dollari, e se consideriamo l’impatto ambientale (l’industria della moda contribuisce fino al 10% delle emissioni di gas serra a livello mondiale) è facile comprendere il riscontro positivo del re-commerce in termini di sostenibilità. Forbes USA rivela che il 62% dei Millennial e Gen Z preferisce acquistare capi prodotti da marchi che integrano una strategia di sostenibilità.
E’ previsto che il mercato del re-commerce raggiungerà 289 miliardi di dollari entro il 2027 (+80% rispetto al 2021), crescendo 5 volte più rapidamente del mercato del retail complessivo.
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