Tag: dismorfia da selfie
<h2>Dismorfia da selfie. Nella vita del post-umano, c’è ancora posto per l’essere umano?</h2> Non c’è bisogno di scomodare il gotha degli scienziati più quotati per cogliere le assonanze tra comportamenti ed evoluzioni tecnologiche in atto e fare luce sull’inquietante scenario verso cui si sta marciando sicuri, senza badare agli effetti collaterali che gli stili di vita stanno avendo sull’esistenza e la sopravvivenza della specie umana.S<strong>i può supporre che la mania della dismorfia da selfie sia solo un passaggio ulteriore verso la rimozione forzata del “fattore umano” dalle nostre vite.</strong> <h3>Dismorfia da selfie: che cosa significa?</h3> Con dismorfia da selfie si intende quella particolare patologia che induce i giovani a ricorrere alla <strong>chirurgia estetica</strong> per avere <strong>una faccia da selfie degna di like.</strong> In pratica, ai medici, viene richiesta la modifica dei lineamenti in base sulla base del risultato che si ha <strong>quando si usano i filtri</strong>. E il risultato che si ha quando si usano i filtri è un volto riproducibile e standardizzato di un umanoide alla <a href="https://www.instagram.com/p/B5RL3tNn3LO/">@lilmiquela</a> ben lontano da qualsiasi canone estetico reale. <p class="has-text-align-center"><strong>All’imperfezione che scaldava di unicità l’espressione di un volto, la gente pare preferire l’omologazione, sbarazzandosi così, anche della propria riconoscibilità e non in ultimo del proprio Io. </strong></p> A questo punto pare che il vivere quotidiano e il convivere con se stessi sia divenuto persino più insopportabile della metamorfosi Kafkiana. <h3>Una vita filtrata</h3> L’esistenza mediata dalla tecnologia e la socializzazione interceduta dai Social <strong>senza senso etico</strong>, sta creando gravi falle nell’evoluzione umana, a cominciare da un sano sviluppo della personalità. La verità, infatti, è che la tendenza al confronto costante con <strong>iperrealtà fittizie </strong>come quelle di Instagram finiscono con l’indebolire la consapevolezza e la fiducia del singolo nelle proprie capacità e la frustrazione è così alta che la stragrande maggioranza degli individui non riesce più a sopportare il suo proprio Io.Il fatto che questi giovani non riescano nemmeno più ad <strong>accettare il proprio viso</strong> senza provare un senso di infinita angoscia, per non dire orrore, è preoccupante soprattutto in quanto manifestazione di una profonda alienazione psicologica (verso loro stessi) e sociale (verso gli altri). In questa situazione, quindi, il disagio non può che crescere, finendo così per rendere incolmabile il loro distacco dalla realtà e dal vero scopo della propria esistenza. <h3>Mai sentito parlare di “disboscamento degli uomini”?</h3> Ma poco importa che la mania di occultamento della propria fisionomia in funzione di una fittizia, standardizzata e soprattuto irreale, sia l’incipit o epilogo di un capitolo infame della storia, perché questo comportamento ha tutti i tratti per essere analizzato dal punto di vista sociale come parte di un potenziale progetto molto più ampio e inquietante di cui dovremmo tentare perlomeno di essere coscienti: il disboscamento umano.* (cit. Riccardo Staglianò, Al posto tuo).Si pensi all’Intelligenza Artificiale (l’abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana in modo del tutto autonomo) incensata da tutti, poiché ottimizza, facilita e razionalizza spese e sprechi aziendali, proprio questa sta già eliminando la creatività nel settore moda e design. Peraltro, il fatto che proprio la creatività, manifestazione artistica semidivina propria dell’uomo venga affidata ai macchinari, mentre, dall’altra parte, si assista ad progressiva e aggressiva disumanizzazione degli ambienti lavorativi ( basti pensare alle richieste di efficienza, rapidità, reperibilità, resistenza alla fatica) dovrebbe dirla lunga su quanto poco fantascientifiche siano le ipotesi riguardanti il disboscamento dell’uomo. <h3>“Togliere l’uomo di mezzo” non significa eliminarlo o ucciderlo,</h3>